di Maurizio Rossi
Dominique Venner nacque a Parigi il 16 aprile 1935.
In gioventù volle temprarsi nella militanza nazional-rivoluzionaria e conserverà nel tempo un ricordo più che positivo di quell’esperienza, giungendo a confermare in una delle sue ultime interviste che l’aver vissuto intensamente le vicende e le passioni estreme dell’attivismo politico era stato propedeutico nell’affinare il suo successivo impegno di storico e studioso.
Fece quindi parte del movimento Jean Nation di Pierre Sidos, svolse il servizio militare come paracadutista in Algeria durante la guerra contro l’FNL, partecipando poi alle pericolose iniziative militanti clandestine dell’OAS.
Negli anni successivi sarà anche un attivo sostenitore del movimento Ordre Noveau e subito dopo fondatore e direttore della prestigiosa rivista di cultura politica Europe-Action.
Sarà anche tra i primi patrocinatori del GRECE, inaugurando la nuova stagione degli studi bio-politici.
Attento studioso della Cultura europea non conformista degli anni 30/40, volle anche riproporre all’attenzione degli ambienti non conformisti quella specifica religiosità indo-europea che aveva incarnato lo spirito originario della nostra Civiltà.
Sarà autore di numerose opere di revisione storica che ebbero il merito di contrastare con efficacia la propaganda del pensiero unico omologante liberal-progressista, diventando un attivo promotore di iniziative di mobilitazione culturale e politica contro l’immigrazione terzo-mondista e la deriva culturale cosmopolita e multirazziale che stava minacciando la sopravvivenza delle nazioni europee.
Sarà infatti tra i primi a denunciare le strategie mondialiste che, attraverso l’utilizzo spegiudicato della demagogia immigrazionista, intendevano pervertire i concetti stessi di sovranità, cittadinanza e appartenenza, snaturandone il significato originario.
Dominique Venner, già dalla fine degli anni settanta dello scorso secolo, aveva previsto tutto questo, tutte le drammatiche ricadute che stiamo subendo: un’impressionante ondata migratoria terzo-mondista la cui definizione, ormai alquanto semplicistica, volutamente semplicistica e banalizzante di ‘”immigrazione” suona patetica e soprattutto ipocrita alla luce della constatabile dimensione degli spostamenti continui di popolazione proveniente dal Nord Africa, dall’Africa nera e dal Medio ed Estremo Oriente e volendoci soffermare esclusivamente alla valutazione quantitativa e strettamente numerica che caratterizzerebbe l’ampiezza e la portata del fenomeno, sarebbe almeno puntuale, logico e maggiormente calzante esprimersi con il termine crudo di “invasione”.
D’altronde, il concetto stesso di “invasione”, come era già stato fatto notare da numerosi studiosi e analisti del fenomeno, oltre che da Dominique Venner, non voleva altro significare che l’ingresso di masse cospicue di altre popolazioni nel territorio di un’altra nazione, senza che quest’ultima possa opporsi ad un tale spostamento, a maggior ragione se un tale spostamento viene agevolato, promosso e sostenuto dai governanti delle stesse nazioni che lo subiscono, facendo appello a presunte e discutibili solidarietà nei confronti dei “migranti”, innalzando in termini esponenziali altrettanto discutibili “sensi di colpa” facendoli ricadere sugli europei.
Una criminale e strumentale “carità” istituzionale che ambiguamente ha come fine un preciso obiettivo: disintegrare l’ormai fragile tessuto identitario dei popoli europei per trasformarli in una massa anonima e nomade piegata alla dittatura dei potentati mondialisti.
Pertanto questa immigrazione cospicua, inarrestabile e incontrollata, che l’intera Europa sta subendo, cosa altro può essere se non una autentica invasione programmata delle nostre terre, visto che si presenta in maniera così metodica e capillare?
Una “invasione” ben particolare visto che ha potuto, purtroppo, vantare numerosi sponsors tra coloro che, all’insegna di una non ben chiara, ma certamente deleteria, “cultura della solidarietà e dell’accoglienza” richiedono a gran voce esclusivamente maggiori garanzie e tutele a beneficio degli extracomunitari, per non parlare poi di chi apertamente si è fatto portabandiera di allarmanti proposte che propagandano una auspicabile assimilazione totale e indiscriminata degli stranieri, circostanza che spalancherebbe la porta al fenomeno ancor più drammatico di una “immigrazione di popolamento”, ovvero di una graduale sostituzione etnica della popolazione.
Gli stessi interessati e pressanti inviti che continuamente bombardano la popolazione italiana per una rapida riforma del riconoscimento della cittadinanza mediante l’adozione del principio dello Ius Soli, al posto del più giusto e corretto Ius Sanguinis, sarebbero propedeutici per una mutazione volta in tal senso.
Dominique Venner aveva dedicato tutta la sua nobile esistenza per contrastare questa fatalità, questa profezia di sventura, denunciando coraggiosamente la pericolosità delle strategie di manipolazione culturale messe in campo dalle potenti Lobbies mondialistico-finanziarie contro l’Europa, contro la sua Storia, contro i suoi popoli e le loro magnifiche identità.
Lo aveva fatto all’insegna di una visione comunitaria e spirituale che privilegiava il “bene comune” dei popoli europei, le verità e i valori di una Tradizione le cui radici ancestrali affondavano in un arcaico e remoto passato, contrapponendosi alle avvilenti logiche di interesse materiale. Gli interessi sono sempre negoziabili, ma i valori non lo sono mai, e questo Dominique Venner lo sapeva bene.
Per questi motivi decise, serenamente e piamente padrone della sua mente e del suo Spirito, di darsi la morte il 21 maggio di due anni fa, in un luogo per lui altamente simbolico: Notre Dame de Paris.
Un gesto estremo che ha scandalizzato l’opinione pubblica mettendo in imbarazzo molti, anche coloro che lo avrebbero dovuto comprendere: si è preferito dimenticare per non dover correre il rischio di interrogare la propria coscienza.
Politicamente “scorretto” fino in fondo.
Siamo però altresì certi che il sangue che quel 21 maggio venne generosamente sparso a Notre Dame de Paris non sia stato versato invano, inevitabilmente “concimerà” le aride terre d’Europa per riportarle a nuova vita, ancor di più fluirà come un fiume in piena nelle aride anime di quegli europei che non hanno ancora compreso di trovarsi sull’orlo dell’abisso.
Siamo orgogliosamente certi che il sangue sgorgato dal martirio volontario di Dominique Venner genererà immancabilmente i suoi frutti.
Onore al camerata Dominique Venner. Egli vivrà per sempre!
Le motivazioni di una morte volontaria
di Dominique Venner
“Sono sano nel corpo e nella mente, e sono pieno di amore per mia moglie e i miei figli. Amo la vita e non mi aspetto nulla nell’Aldilà, se non la perpetuazione della mia Razza e del mio Spirito. Tuttavia, nel crepuscolo di questa vita, di fronte agli immensi pericoli che corrono la mia patria francese ed europea, sento il dovere di agire ora che ne ho ancora le forze.
Penso sia necessario sacrificare me stesso per rompere il torpore che ci affligge.
Offro ciò che resta della mia vita con l’intento di lanciare una protesta e una rifondazione. Ho scelto un luogo altamente simbolico, la cattedrale di Notre Dame de Paris, che rispetto e ammiro: essa fu costruita dal genio dei miei antenati sul sito di luoghi di culto molto più antichi, ricordando in tal maniera le nostre immemori origini.
Mentre molti uomini sono schiavi delle proprie vite, il mio gesto incarna invece un’etica della etica.
Io mi do la morte al fine di risvegliare le coscienze assopite. Mi ribello contro la fatalità del destino.
Insorgo contro i veleni dell’anima e contro gli invasivi desideri individuali che stanno distruggendo i nostri ancoraggi identitari, prima su tutti la famiglia, intimo fondamento della nostra civiltà millenaria. Mentre difendo l’identità di tutti i popoli a casa propria, mi ribello nel contempo contro il crimine che mira alla sostituzione dei nostri popoli.
Il discorso dominante non può non far trapelare le sue ambiguità tossiche: ora sta agli Europei trarne le dovute conseguenze. In assenza di una religione identitaria cui ancorarci, condividiamo tuttavia da Omero in poi una memoria comune, depositaria di tutti i valori sui quali rifondare la nostra futura rinascita, facendola finalmente finita con quella metafisica dell’illimitato e dell’assenza di confini che è la fonte nefasta di tutte le moderne derive.
Chiedo perdono in anticipo a tutti coloro cui la mia morte farà soffrire, e in primo luogo a mia moglie, ai miei figli e ai miei nipoti, così come ai miei amici e ai miei sostenitori.
Ma, una volta attenuatosi il dolore, non metto in dubbio che sia gli uni sia gli altri comprenderanno il senso del mio gesto e muteranno la loro sofferenza in orgoglio.
Spero che tutti loro si uniscano e si mettano d’accordo per resistere e durare. Essi troveranno nei miei scritti più recenti la prefigurazione la spiegazione del mio gesto.”
(Dominique Venner, Parigi, 21/05/2013)