martedì 15 marzo 2016

Un intellettuale militante per l’Europa: Drieu La Rochelle...


di Maurizio Rossi
“Con il sudore ed il sangue di tutte le classi. Dobbiamo costruire una patria come non si è mai vista. Compatta come un blocco d’acciaio, come una calamita. Tutta la limatura d’Europa vi si aggregherà per amore o per forza. E allora, davanti al blocco della nostra Europa, l’Asia, l’America e l’Africa diventeranno polvere.”
(Pierre Drieu La Rochelle)
Sono trascorsi settantuno anni dalla virile morte di Pierre Drieu La Rochelle. Il 15 marzo 1945 volle suicidarsi per non essere costretto a dover sopportare la sconfitta e lo stupro di quell’Europa che tanto aveva amato. Assieme a lui doveva morire il sogno europeo di uno scrittore fascista. Perché, Drieu La Rochelle fu uno scrittore fascista, convintamente fascista.
Le sue opere letterarie sono ancora oggi, nonostante tutto, oggetto di attenzione e di critica, spesso però vittime di una critica maldicente, che, pur non potendo non apprezzare lo stile rigoroso e permeante dei suoi romanzi, non gli ha mai perdonato il fatto di essere stato un fascista. Addirittura uno dei peggiori, un collaborazionista che aveva messo a disposizione della Germania di Hitler la propria intelligenza e per di più senza nemmeno pentirsene. Quindi uno scrittore maledetto, condannato alla dannazione eterna.
In conclusione un intellettuale estremamente versatile che poteva permettersi di attraversare campi dissimili fra loro con la medesima competenza, alternando la critica letteraria con una lucida e per taluni anche irrispettosa e provocatoria analisi politica, senza mai scadere nella superficialità o nel pressappochismo.
Un intellettuale militante che a differenza di altri non volle mai nascondersi dietro le parole, preferendo in ogni caso i rischi dell’esposizione fisica, assumendosi le proprie responsabilità in prima persona, sempre fedele alla sua appassionata Visione del Mondo: “La funzione degli intellettuali, o almeno di un certo tipo di intellettuali, è di andare al di là dell’avvenimento, di tentare cammini rischiosi, di percorrere tutte le strade possibili della storia. Niente di grave se si sbagliano. Hanno compiuto una missione necessaria, quella di andare dove non c’è nessuno. In avanti, indietro o di fianco; non ha importanza. Basta che siano usciti dal gregge della massa. Il futuro è fatto con una materia diversa da quella attuale. Il futuro è fatto da ciò che ha visto la maggioranza e anche la minoranza.”
Non possiamo pertanto adesso che decantarne, con ammirazione e invidia, il coraggio, l’indipendenza e lo straordinario acume che lo volsero ad essere non uno scrittore fra i tanti, ma uno dei primi militanti della causa europea, il disincantato disintegratore delle gabbie istituzionali preconfezionate che volevano imprigionare le idee e le passioni negli ipocriti e stagnanti comparti della democrazia parlamentare borghese, l’intellettuale militante e politico che avrà in tempi non sospetti ben chiara la percezione del pericolo che i nuovi imperialismi affacciatisi sulla scena mondiale avrebbero rappresentato per l’Europa: “L’Europa è minacciata dall’imperialismo capitalista dell’America e dall’imperialismo socialisteggiante della Russia. È il campo di battaglia dove i due sistemi si affrontano apertamente.” Per la cui salvezza reclamava una rinnovata volontà unitaria di potenza e la riaffermazione di una presenza e di una cultura identitarie.
Uno scrittore e un intellettuale che, attraverso la mediazione del pensiero di Nietzsche, aveva scoperto nel mito politico e nei programmi del Fascismo, inteso nella sua più vasta accezione, cioè quella europea e con l’aggiunta del suffisso «socialista» - “Attraverso il Fascismo si sta risvegliando invece, sia a Berlino che a Roma, il Socialismo non marxista” - lo strumento per capovolgere quello che sembrava l’inevitabile destino che il corso della storia poneva di fronte.
Quindi, un attento intellettuale sempre pronto a recepire e ad analizzare tutti quei segnali che avrebbero potuto lasciare intravedere una possibilità di rottura del plumbeo scenario politico francese e l’occasione parve verificarsi il 6 febbraio 1934 quando una manifestazione di massa e congiunta dell’estrema sinistra e dell’estrema destra contro il governo sembrò voler spezzare l’ingranaggio del Sistema, infiammando violentemente Place de la Concorde. Certamente l’evento fu estemporaneo e delimitato all’accadimento e ai fatti specifici, ciononostante convinse Drieu che era arrivato il momento di guardarsi attentamente intorno e cercare di dare un senso compiuto alle proprie riflessioni, passare pertanto dall’impegno letterario e giornalistico alla prassi dell’azione, ma occorreva il momento topico e soprattutto il soggetto politico confacente. In ogni caso, era giunto il momento di rompere con gli indugi e gettarsi nella mischia.
L’occasione gli verrà fornita dalla nascita del primo partito politico dichiaratamente fascista del panorama francese, il PPF di Doriot.
Drieu La Rochelle, si calerà entusiasticamente nella veste del propagandista politico percorrendo l’innovativa strada del superamento delle soffocanti categorie riconducibili agli schieramenti oligarchici della borghesia parlamentare, una sfida di nuova impronta che voleva denunciare alle masse dei lavoratori l’inconsistenza della contrapposizione politica e sociale fra Capitalismo e Comunismo, presentando invece in maniera nuda e cruda la crisi della Civiltà europea stretta nella morsa della decadenza spirituale e moralmente corrotta dal degrado del parlamentarismo liberal-democratico, invocando la necessità di una rivoluzione sociale, politica e spirituale che trascendesse le classi e le categorie.
Erano già presenti tutte le condizioni per giungere all’affascinante formulazione del Socialismo fascista: “Destra e Sinistra in profondità sono legate fra loro e non possono separarsi. Entrambe inserite nella realtà nazionale e con una base sociale espressione di tutte le classi, fanno parte del sistema economico-politico della democrazia capitalista.”
Drieu La Rochelle, all’indomani dell’esperienza maturata nelle trincee del primo conflitto mondiale, aveva percepito fortemente la consapevolezza e di conseguenza il profondo sentimento di non potere più essere soltanto un individuo isolato ed estraneo dal contesto che lo circondava, tale percezione lo portò a riconoscersi come naturale appartenente ad una comunità più vasta, quella stessa Comunità di combattenti che si era consumata sui fronti di guerra e che una volta ritornata a casa doveva potersi riconoscere in una Comunità nazionale e popolare nutrita di spirito e di cameratismo. Le sue idee politiche si arricchirono di queste riflessioni, e con esse la convinzione che poteva esserci una strada diversa da quelle prospettate da una massa che dominava con il denaro ed un’altra che era dominata dal denaro.
Si proclamerà alla fine fascista perché non voleva affogare, come spesso affermava, nella melma dell’indecisione, perché voleva denunciare quel conservatorismo che vedeva in eguale misura rappresentato dalle internazionali della Finanza e del Marxismo, in pratica il proclamarsi fascista doveva servire per dare la spallata decisiva a quel bigottismo diffuso nei tanti pregiudizi della Destra e della Sinistra che ingessavano e impedivano il rinnovamento della nazione. Il suo proclamarsi fascista era quindi necessario per potere meglio giungere alla realizzazione del Socialismo, ma il vero Socialismo, quello nazionale depurato dall’invidia e dalla rancorosità classista dei burocrati sul libro paga dell’ambasciata russa e dai ricatti perniciosi di una decadente e sterile borghesia. Ecco il vero incubo della Francia a detta di Drieu, quello che sgorgava dalla naturale unità del popolo con la nazione, una superiore coesione che avrebbe generato una Comunità nazionale e popolare che all’insegna di un ritrovato spirito coagulante avrebbe sconfitto il Capitalismo, per affermare un Socialismo fascista così potente da lanciare il suo messaggio di rivolta a tutta l’Europa.
La convinzione radicata di Drieu si fondava sulla certezza che il Fascismo, come spirito innovativo del tempo, marciasse con determinazione e il più radicalmente possibile verso una esplosiva rivoluzione dei costumi, verso una socialità letta in senso comunitario e incontro a nuove mentalità, muovendo dalla riscoperta dei valori insiti nella spiritualità virile della migliore Tradizione europea, nella dimensione eroica, nella pienezza dell’uomo che riscopriva il valore di una interiorità legata alla natura, nella critica all’eccessivo inurbamento cittadino che impoveriva le radici. Non ci sarebbe stato poi da stupirsi se quanto enunciato lo avesse in seguito visto attuarsi nella Germania nazionalsocialista, tanto da rimanerne affascinato.
In Drieu era ben presente il superamento delle categorie ottocentesche della Destra e della Sinistra e con esse anche le loro subdole lusinghe, e rincarando la dose dichiarava: “attaccare frontalmente o di fianco tutti i pregiudizi, tutte le manie, tutte le più sornione difensive. Vogliamo impedire a chiunque di morire nel solito girotondo.” Per porre quindi fine al meccanismo vigliacco della politica del mercimonio affinché avessero finalmente termine le sofferenze ideali e le angosce degli uomini, che per troppo tempo erano stati imprigionati e fossilizzati in strumentali contrapposizioni che erano servite soltanto a dividere il popolo e a disintegrare la nazione per avvantaggiare i politicanti, gli affaristi e gli speculatori. Si trattava in sostanza di una critica che non indicava altro che la possibilità che gli argomenti principali del discorso politico e culturale della nazione fossero fruibili da tutto il popolo, in modi e metodi accessibili alla comprensione di tutto il popolo, attraverso una riscoperta intensità spirituale che scaturisse dal pensiero e dall’azione, un evento epocale che si sarebbe posto sullo stile e sulla scia di quanto stava verificandosi nelle nazioni europee che avevano intrapreso un percorso rivoluzionario e totalitario volto a garantire l’affermazione di una Comunità organica, autocentrata e autoreferenziata, come sorgente del legame sociale e dell’appartenenza, il consolidamento di un nuovo ordine spirituale.
L’impegno politico sarà pertanto consequenziale e la collaborazione con la Germania uno scelta obbligata e coerente con le premesse, per andare incontro all’istanza europea: “Io andai a Parigi; insieme con altri decisi di superare i limiti del nazionalismo, di sfidare l’opinione pubblica, di costruire una minoranza guardata con diffidenza, con esitazione, con dubbio, per essere maledetta nel momento in cui la fortuna ci ha volto le spalle a Stalingrado e a El Alamein.”
A fronte del crollo militare della Germania e dell’invasione dell’Europa degli eserciti stranieri, Pierre Drieu La Rochelle sceglierà coerentemente la via del suicidio, morirà infatti il 15 marzo 1945. I vincitori non avranno la soddisfazione di tradurre il «criminale fascista» sul banco degli imputati.
Con la morte di Drieu La Rochelle se ne andranno anche i progetti, le speranze e i programmi racchiusi nella sua splendida visione del Socialismo fascista, una battaglia idealistica iniziata molti anni prima. Di lui ci rimarrà per sempre la profondità della sua grande anima, espressa nelle tante sue opere, la virile tensione ideale e l’indomito coraggio che seppe innervare nella sua costruzione politica e soprattutto lo spirito indelebile di quella nuova Europa, quella confederazione rivoluzionaria dei popoli e delle etnie, che così intensamente aveva amato “Siamo in pochi ad amare l’Europa con un amore carnale, con un amore concreto, con un amore patriottico.”