venerdì 31 gennaio 2014

FIRENZE ANTIFASCISTA IRROMPE ALLO SPETTACOLO DI CRISTICCHI SULLE FOIBE...


da La Nazione

Scandicci (Firenze), 31 gennaio 2014 - «LA STORIA non è una fiction». Contestazione ieri sera al teatro Aurora, prima dello spettacolo di Simone Cristicchi, «Magazzino 18». Uno spettacolo dedicato alle storie degli italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia, con i racconti di uomini e donne estranei in Jugoslavia, affamati e diffidati in Italia. Poco prima che lo spettacolo avesse inizio, sono entrate in sala una quarantina di persone, con il chiaro intento di contestare Cristicchi per la scelta di raccontare la vicenda degli esuli italiani. Hanno issato uno striscione, con lo slogan ‘la storia non è una fiction’.

LA SALA ha reagito, chiedendo ai manifestanti di lasciare il teatro per permettere allo spettacolo di cominciare. La situazione si è fatta tesa, dall’Aurora hanno chiamato il 112; sul posto sono arrivate diverse pattuglie dei carabinieri della compagnia di Scandicci, ma i contestatori se ne erano già andati, senza creare ulteriori problemi.

I CARABINIERI sono rimasti davanti al teatro fino alla fine dello spettacolo, per evitare ulteriori incursioni, che tuttavia non si sono verificate. Dopo l’uscita dalla galleria delle persone che erano arrivate per contestare, lo spettacolo ha potuto cominciare e si è svolto senza ulteriori interruzioni.


CRISTICCHI ha messo in scena una delle pagine più dolorose della storia d’Italia. Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante. Ed è ancor più straziante perché affida questa “memoria” non a un imponente monumento o a una documentazione impressionante, ma a tante piccole testimonianze che appartengono alla quotidianità. Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perse vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e quasi 350 mila persone scelsero di lasciare le loro terre natali destinate ad essere jugoslave e proseguire la loro esistenza in Italia. Gli esuli lasciavano le loro proprietà, in attesa di poterne in futuro rientrare in possesso: il Magazzino 18. Ma lo spettacolo ha sollevato notevoli polemiche, soprattutto tra chi sostiene che questa storia sia frutto di revisionismo. Da qui alla decisione di contestare il passo è stato breve.

mercoledì 29 gennaio 2014

Con la privatizzazione di Bankitalia a rischio l’oro italiano...

Un 'interessante intervista al parlamentare europeo Marco Scurria, che racconta le vicende inerenti Bankitalia...

scurria_marco01Fratelli d’Italia sta conducendo una battaglia parlamentare, a Roma e a Strasburgo, contro la cosiddetta privatizzazione della Banca d’Italia che permetterebbe alle grandi banche straniere di impossessarsene. Marco Scurria, eurodeputato di FdI, è uno di quelli che si è battuto in Europarlamento con più vigore su questo argomento. Noi l’abbiamo intervistato.
In questi giorni si sta chiudendo l’approvazione della legge che privatizza la Banca d’Italia. Cosa cambia rispetto allo status quo?
Il Decreto Legge di Letta e Saccomanni va sostanzialmente a modificare l’assetto dei proprietari della Banca Centrale Italiana, oggi in mano ad una serie di cartelli bancari e finanziari tra cui Intesa San Paolo, Unicredit, BNL e Assicurazioni Generali. Il decreto in questione disposto la rivalutazione delle quote di Bankitalia prevedendone la trasformazione in una public company della banca che una volta era degli italiani. Perché con questa operazione ogni tecnico del mercato finanziario globale potrà acquistare le quote di Bankitalia fino a detenere un massimo del 5% delle azioni. Questo significa, ad esempio, che le varie banche d’affari americane, e non solo, potranno spartirsi insieme ad altri operatori la Banca Centrale Italiana. Per chiarire meglio agli italiani quanto accaduto, vorrei ricordare che il Governo Berlusconi approvò nel 2005 una legge che prevedeva esattamente il contrario: la rinazionalizzazione della Banca d’Italia con il passaggio del 100% delle quote dai privati allo Stato Italiano. Quindi, entro i tre anni successivi all’approvazione della legge, cioè entro dicembre 2008, la proprietà di Bankitalia doveva passare dal cartello di Banche e Istituti finanziari allo Stato. La legge approvata dal Parlamento dall’allora centrodestra non è mai piaciuta ai banchieri italiani, tra cui Saccomanni, e di conseguenza non fu mai resa operativa. In questo contesto s’inserisce anche l’operazione di rivalutazione delle quote di Bankitalia. Perché fino al decreto legge di Letta e Saccomanni, il capitale era di appena 156.000 euro, cifra stabilita dalla legge bancaria del 1936. Con il Dl del Governo si è deciso in forza di legge che il valore della BdI sale magicamente a 7 miliardi di Euro, che andranno a gonfiare le tasche dei soliti noti istituti di credito.
C’è il rischio reale che l’oro di Bankitalia vada in mani straniere? Quali risposte da Europa e Governo?
Mentre la Bundesbank si appresta a rimpatriare quasi 700 tonnellate di lingotti d’oro, dagli Usa e dalla Francia, l’Italia rischia di cedere 2.500 tonnellate d’oro, pari a 110 mld di euro a chi comprerà la Banca d’Italia. Dai tempi di Bretton Woods la nostra riserva aurea si è trasformata in un ‘salvadanaio’ di proprietà dello Stato che non dovrebbe far altro che garantire e rappresentare i propri cittadini. Siamo il terzo paese al mondo per consistenza di riserva aurea dopo gli Stati Uniti e la Germania e non possiamo cedere l’ultima garanzia di ricchezza della nostra Nazione alle banche azioniste di Palazzo Koch. Per evitare quest’ulteriore esproprio, Fratelli d’Italia ha chiesto con forza nei giorni scorsi al governo Letta, di difendere l’interesse nazionale, ribadendo che la proprietà della riserva aurea resti nelle mani degli italiani, oltre ad adottare iniziative affinché siano fatte rientrare nel territorio nazionale entro 12 mesi dalla conversione del decreto legge, le riserve auree italiane che si trovano ancora all’estero.
In che gruppo europeo FdI si vorrà collocare dopo le prossime elezioni?
Sicuramente alle prossime elezioni europee presenteremo una nostra lista con i nostri simboli ma per ora continuiamo a lavorare nel gruppo Ppe. Sarà il congresso nazionale che si svolgerà nel mese di marzo a decidere se restare o no nel Partito Popolare europeo. Non ho la presunzione di decidere per gli altri e dunque non posso anticipare nulla. Faremo il primo congresso per le primarie nella storia del centrodestra italiano perché crediamo che debbano essere i nostri militanti e rappresentanti a dover prendere decisioni in merito al futuro di Fdi, in Italia e in Europa.

martedì 28 gennaio 2014

Fronte della Gioventù, una storia a lungo attesa...


di Marco Valle (Destra.it)

lunedì 27 gennaio 2014

A Vienna il “ballo” indigesto all’estrema sinistra. Che scatena la guerriglia...

 
di Bianca Conte (Secolo d'Italia)

Abito scuro per gli uomini. Ampio panneggio di vesti bianche e crinoline per le donne. E elmetto in testa appena usciti dal Palazzo. Sì, perché il ballo dell’estrema destra, organizzato dal partito austriaco Fpoe, ha scatenato questa notte a Vienna una vera e propria guerriglia urbana, con scontri violenti tra polizia e manifestanti e un bilancio di almeno venti persone ferite e molti strascichi polemici.
 
Chi ha assistito alla scena giura che sembrava di vivere in due mondi ed epoche diverse: se da una parte si respirava l’atmosfera dorata della Vienna ottocentesca, tanto da potersi illudere di essere finiti sul set di uno dei film della principessa Sissi (peraltro ultima inquilina imperiale del palazzo di Hofburg in cui si è tenuto l’evento, con il marito Francesco Giuseppe); sul fronte opposto, dall’altro lato della strada, poteva sembrare invece di trovarsi nel mezzo di tafferugli tra forze dell’ordine e manifestanti di un paese comunista dell’Est negli anni Settanta-Ottanta. «Una situazione da Corea del nord», hanno scritto addirittura i giornali locali. Ma la polizia si è difesa parlando di «dimostranti molto aggressivi e radicali che hanno reso particolarmente difficile il loro lavoro».

Il più grande raduno dell’estrema destra è una tradizione nata su iniziativa delle corporazioni studentesche mezzo secolo fa: un rito classico che si rinnova ogni anno nella residenza imperiale di Hofburg, dove tornano a risuonare brani celebri del repertorio straussiano, echi della tradizionale cultura mitteleuropea. Solo che ieri, mentre gli invitati volteggiavano al ritmo di valzer, in strada si scatenava l’inferno tipico di più prosaici scenari di contestazione metropolitana, rigorosamente accompagnati dall’assordante suono delle sirene: vetrine rotte, cassonetti scaraventati in strada, auto distrutte. Circa 6.000 manifestanti al grido di «siamo antifascisti» hanno sfidato i 20.000 poliziotti schierati attorno alla “zona rossa” che includeva quasi tutto il centro storico di Vienna.
 

Gli agenti – a cui i media non hanno risparmiato le proverbiali critiche –si sono ritrovati a rispondere alle provocazioni violente dei manifestanti, ricorrendo anche all’utilizzo di gas lacrimogeni, spray urticanti e manganelli. Del resto, «sembravano come fuochi d’artificio e l’aggressività dei radicali di sinistra faceva paura», ha detto una stessa dimostrante pentita costretta ad abbandonare la manifestazione per l’irruenza dei suoi compagni di dissenso. Un dissenso teorizzato con una semplicistica dichiarazione d’intenti: «Si tratta di fermare il più grande raduno dell’elìte d’estrema destra europea», ha dichiarato Natascha Strobl, portavoce del collettivo “Offensiva contro la destra”. Un’impresa ardua, considerato anche il fatto che il partito di Heinz-Christian Strache, promotore del ballo e quest’anno presente all’evento, rappresenta la terza forza politica in Austria, con il 20,5% dei voti alle legislative 2013.

venerdì 24 gennaio 2014

PER LA SOVRANITA' MONETARIA. BANKITALIA AGLI ITALIANI!

Il Governo ha proposto il decreto Legge denominato “Letta e Saccomanni”. Questo decreto, che i media hanno ignorato, modifica l’assetto dei proprietari della Banca Centrale Italiana, oggi in mano ai maggiori cartelli finanziari del nostro paese. 


Bankitalia diventerà una “public company” e ogni azionista del globo potrà comprarne le quote. Un’operazione che di pubblico non ha niente e che contribuirà a svendere Bankitalia alle forze finanziarie e bancaria straniere. Il valore di Bankitalia, che era di 156.000 euro, passerà a 7 milioni: un regalo ai soliti noti, che si vedono moltiplicare da un giorno all’altro il capitale da vendere al mercato attraverso un voto parlamentare. 


Una creazione di denaro dal nulla, con modalità care al principio del signoraggio bancario, che mette le riserve auree del nostro paese nelle mani di potenziali acquirenti stranieri. L’Italia è il terzo paese al mondo per riserve d’oro: un primato che perderemo presto, assieme alla nostra sovranità.


PER LA NOSTRA SOVRANITA' MONETARIA.
PER IL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI.

SABATO 15 MARZO
CORTEO TRICOLORE
ORE 15 PIAZZA SAVONAROLA - FIRENZE

Ospiti nazionali, tanti movimenti, una sola bandiera.

mercoledì 22 gennaio 2014

Roma con il sindaco Marino cancellerà i viaggi del ricordo in Istria e Dalmazia...

10 Febbraio Giorno del Ricordo Foibe
di Martina Bernardini (Barbadillo.it)
Iniziano le strumentalizzazioni politiche da sinistra per delegittimare il ricordo dell’esodo istriano dalmata e la tragedia degli italiani ammazzati a migliaia nelle foibe dai partigiani comunisti slavi. Barbadillo.it oggi vi racconta la piega deprecabile che la celebrazione del “Giorno del Ricordo” sta prendendo a Roma, con la giunta di centrosinistra di Ignazio Marino.

Roma è medaglia d’oro per la Resistenza, ha subìto il fascismo e il nazismo, la deportazione del ghetto. È quella la nostra memoria. Le Foibe, le ricorderanno altre città”. Sono parole dei nostri giorni, pronunciate lo scorso agosto dal vicesindaco di Roma Capitale, Luigi Nieri. A queste parole, si aggiunge la presentazione di un documento, depositato in Commissione Scuole, che prevede il dimezzamento del viaggio ai campi di concentramento nazisti, e la cancellazione di quello in Istria e Dalmazia. La denuncia è partita da Fabrizio Ghera, capogruppo di Fratelli d’Italia in Campidoglio. “Marino ignora che Roma – ha dichiarato Ghera – non solo accolse i profughi istriani, giuliano e dalmati in fuga dal dramma delle foibe , ma che esiste anche una legge dello Stato (n. 92 del 2004, ndr) che dispone l’obbligo per le scuole e le istituzioni di onorare e far conoscere la tragedia italiana degli infoibati per decenni nascosta e mistificata dalla storiografia di sinistra”. A seguito della denuncia di Ghera, la voce si è ben presto diffusa e la levata di scudi è stata immediata.

Il Comitato 10 febbraio ha dichiarato di aver appreso “con sconcerto, ma, purtroppo, con poca sorpresa” la notizia relativa alla “decisione di dimezzare i fondi per i viaggi della Memoria e l’annullamento dei viaggi alla Foiba di Basovizza e in Istria”.

Il viaggio sui luoghi dei principali crimini del ‘900 – aggiunge il Comitato – non è solo un atto di tardiva giustizia e riconoscimento ma anche e soprattutto un insegnamento per le giovani generazioni. Fa specie, in particolare, osservare come il tema del Ricordo dell’Esodo degli italiani dalle terre istriane, fiumane, dalmate e delle Foibe, nonostante una Legge che dovrebbe impegnare le istituzioni a preservare e a promuoverne la conoscenza, sia sottovalutato e addirittura nascosto da figure istituzionali che in maniera miope lo riducono a episodio “di parte” e che dovrebbero invece comprendere l’importanza della memoria per ciascun cittadino. Non vorremmo che dietro questa scelta ci fossero motivazioni ideologiche che speravamo appartenessero al passato”.

Gli fanno eco Matteo Guidoni e Pierpaolo Ceci della Giovane Italia: “Se come sembra – dichiarano in una nota congiunta – in Commissione è stato un documento che dimezza i viaggi organizzati per le scuole ai luoghi della memoria dell’Olocausto e elimina completamente quelli destinati al ricordo dell’eccidio delle Foibe, non esitiamo a dire che questa volta il sindaco Marino ha davvero superato ogni limite, politico, amministrativo e di buon senso”.

Vietare alle scuole di Roma la commemorazione del “Giorno del Ricordo” – proseguono – è un affronto inaccettabile che calpesta una legge dello Stato e offende la memoria storica degli italiani. Inoltre salta subito all’occhio come questa amministrazione non abbia a cuore la formazione dei giovani della nostra Città, e come non abbia alcun interesse ad essere un’amministrazione rispettosa nei confronti di tutti i suoi cittadini ma piegata solo ai propri interessi di parte”.

Prendiamo atto – concludono – che la giunta Marino non ha intenzione di prendere parte al processo di pacificazione nazionale che, anzi, crede di poter calpestare senza nessun ritegno”.

Da parte del Campidoglio è giunta una pseudo-smentita. Alessandra Cattoi, assessore alla Scuola ha affermato che non è intenzione dell’amministrazione capitolina dimezzare i fondi per il viaggio ad Auschwitz per il 2014. Per quanto riguarda le Foibe, ha invece affermato che è in atto un confronto con la Società di Studi Fiumani per riflettere “sulle modalità più opportune per celebrare il Giorno del Ricordo”. Ma la cosa più opportuna da fare, sembra una: ricordare, con rispettoso silenzio.

martedì 21 gennaio 2014

15 MARZO: GRANDE CORTEO TRICOLORE A FIRENZE...


Come ogni anno la destra fiorentina, composta di tutte le sue anime e unita dal tricolore, sarà in piazza nella settimana della ricorrenza dell’UNITA' D'ITALIA. Ci saremo per ricordare i MARTIRI DELLE FOIBE: migliaia di innocenti trucidati e dimenticati dall’odio comunista perché italiani. Manterremo viva la loro memoria e, partendo da quel sacrificio, lanceremo un messaggio al paese e torneremo a parlare del FUTURO DELLA NOSTRA NAZIONE

E’ necessario tornare a presidiare le strade in un momento di crisi. Crediamo che occorra ribadire con forza l’importanza della nostra IDENTITA’ DI POPOLO E DI NAZIONE: occorre farlo adesso, prima che sia troppo tardi. Qui e ora, perché stiamo subendo i colpi della speculazione finanziaria che sta divorando la nostraSOVRANITA’ MONETARIA; perché stiamo accusando l’assenza di un governo eletto e abbiamo perso la nostra SOVRANITA’ POLITICA; perché stanno smantellando la nostra SOVRANITA’ CULTURALE per lasciare il posto a modelli multietnici che non ci appartengono; perché hanno minato le basi della GIUSTIZIA SOCIALE anteponendo il profitto alla solidarietà e la massa informe alla comunità; perché stanno uccidendo ilFUTURO DEI NOSTRI FIGLI rendendolo precario, fiscalizzato, privatizzato e omologato. 

Essere in piazza, il 15 MARZO, è un dovere etico: significa accendere una fiaccola e illuminare il buio di questo tempo. Significa riaccendere simbolicamente la fiamma dei valori che hanno animato la nostra Civiltà. Esserci: per ricordare e costruire, per continuare a sperare, per riconquistare quello che ci spetta. Con noi, assieme ai tanti ospiti nazionali che interverranno, ci saranno tutti i movimenti politici del territorio che difendono l’identità di questo paese e hanno a cuore il suo futuro. Non ci saranno simboli di partito, ma solo vessilli tricolore: perché non ci interessa il destino di una parte, ma quello di un Popolo.


GRANDE CORTEO TRICOLORE
SABATO 15 MARZO ORE 15
PIAZZA SAVONAROLA - FIRENZE
CON OSPITI NAZIONALI E TUTTI I MOVIMENTI

lunedì 20 gennaio 2014

L’Europa della moneta alla vigilia delle elezioni e il sacrificio di Jan Palach...


di Ferdinando Parisella (Barbadillo.it)

Disse l’ex premier Mario Monti: “…è paradossale e triste che in una fase in cui si sperava di completare l’integrazione europea, si stia invece determinando un fenomeno opposto con molti populismi che mirano alla disintegrazione”.
Allora riparto da Jan Palach e Jan Zajic, che nel 1969 si immolarono contro l’occupazione sovietica, un’altra forma di Europa imposta. Sono passato a salutarli circa un anno e mezzo fa in piazza Venceslao. E sulla lapide c’è scritto “vittime del comunismo”, mica dell’anonima “violenza politica”, come in alcune targhe di altri giovani morti assassinati in Italia. Anche loro erano carne di popolo.
Oggi c’è una nuova forma di occupazione, quella dei tecnocrati che hanno imposto l’Europa della moneta, delle banche, non quella dei popoli.

Ma come si fa a non capire che un processo unificatore deve partire dalla volontà popolare. Ma cosa si aspettavano i tecnocrati, che sempre e comunque i popoli avrebbero dovuto accettare le loro scelte? Ecco la debolezza del loro processo. Aver creato un mostro ibrido senza testa riconoscibile.

Addirittura il Monti, ne voleva fare un vertice ad hoc, perché infastidito da questa “ingerenza dei popoli”.
Ovvio, uno che non è mai stato eletto, non può credere nell’esercizio della volontà popolare.
Il popolo è sovranità, nazione. Il popolo si governa avendone avuto la sua legittimazione. Lui, il Monti “moderato e sobrio”, è un’eccezione, tra l’altro, forzata. E lo sa bene.

E’ ora che, non solo Monti, ma anche gli altri presidenti, seppur eletti, si chiedano perché i “popoli europei” soffrano nell’accettare questo tipo di Europa, solo moneta, solo finanza, solo imposizioni fredde.
Altro che populismi antieuropei…

Sono cresciuto con il mito, l’orizzonte, dell’Europa dei Popoli e con la morte di Jan Palach, il poco citato Jan Zajic, di Alain Escoffier in Francia, che per essa, in tempi moderni, si sono immolati.

martedì 14 gennaio 2014

Carlo Mazzantini e l’epica dei giovani fascisti e i ragazzi di oggi...



di Renato de Robertis (barbadillo.it)


I romanzi della fine di un’epoca sono l’esperienza letteraria più vera. Sono un bilancio storico-artistico per mettere ordine alla nostra idea di letteratura. E’ il momento di rileggere quelle opere che raccontano la fine di una civiltà, per ricordarsi anche del ‘romanzo dei vinti’. Qui il problema critico è interpretare diversamente i sentimenti dei vinti o la loro vita divenuta letteratura. Per tutto ciò è tempo di ripartire dal binomio arte/vita, per riposizionare la letteratura oltre la fiction narrativa di moda.

Carlo Mazzantini (1925/ 2006) dedica ai ragazzi della fine del fascismo il romanzo A cercar la bella morte (1995). E non si tratta oggi di un argomento da fascistume, in quanto, con le vicende dei giovani repubblichini di Mazzantini, si insegue un’idea di arte letteraria; si alimenta il bisogno di rileggere i romanzi di ambientazione storica;si rabbrividisce ancora una volta per le fucilazioni pazzesche; e, nello stesso momento, si riscopre il dolore per i corpi dei fascisti e dei comunisti crivellati. In questo romanzo dimenticato – tutto “brutale poesia” come scrisse Giordano Bruno Guerri – si esprime una vivente letteratura storica, quasi segnata da cenni di scrittura espressionistica. Oggi saremmo tentati di chiamarlaletteratura cannibale – e Aldo Nove non sarà d’accordo. Ma nell’opera di Mazzantini, così vera, si respira l’odore del sangue, “Era incredibile che quell’ammasso di carni sanguinolenti avesse tanta forza per soffrire e urlare in quel modo. Erano riusciti a legargli i tronconi delle gambe coi cinturioni e sull’asfalto c’erano brandelli di tela bruciata e di carne.”(pag. 232)

Questo non è solo il romanzo dei fascisti della guerra civile. Questo è il romanzo della morte o di una specie di esistenzialismo non di sinistra. La morte come avventura o come ‘presunzione ideologica’, “Siamo sempre quelli! i mai morti! i sempre pronti!” (pag. 158) Ma, per questa idea, la retorica del morire per la patria non prevale sempre. Nel romanzo la morte qualche volta è anche un evento semplice, “…ti apposto dietro un albero e tratratrà: steso… Uno di meno: fai una tacca sul calcio e te ne vai. Tutto quello che ci spettava.”(pag. 166)

Sicuramente è una morte che non fa paura ai ragazzi, alla gioventù illusa dalla dittatura e dai miti romantici, ai ragazzi che non hanno più nulla e conoscono solo il ‘tempo della fine’. Cioè la fine di un’epoca: la morte di un’Italia..,“L’Italia?.. Sotto quei monti, il vento che infuriava fuori, la catasta dei faciloni, l’odio, la disperazione, la sconfitta, quelle nostre uniformi sdrucite, tutta quella miseria… L’Italia?” (pag. 125)

Professori, siate coraggiosi! Leggete in classe tale romanzo! Sarebbe una scossa elettrica nelle teste dei ragazzi dellagenerazione Facebook. Fatelo leggere per dimostrare che i giovani, di ieri e di oggi, sono i veri ingannati dalla storia. Come i giovani garibaldini che, nell’Ottocento, vanno a braccetto con la morte, mentre gli anziani notabili già siedono in Parlamento senza ricordarsi dei diritti dei giovani patrioti con le ‘camicie rosse’. Nel disordine della storia, tutti sono contro tutti. E tutti sono sconfitti, “Ecco, tutti divenuti più piccoli, vulnerabili: un senso di miseria, di essere più niente, alla mercé di ciò che succede, senza poter più opporre un gesto, un parola un nulla.” (pag. 17)

I giovani repubblichini de ‘la bella morte’ creano un racconto epico. Entrano nella perenne sciagura della storia, con gli adulti che svendono e distruggono un paese e con i giovani che invece si ammazzano nelle strade. Perciò i giovani fascisti di questo romanzo pretendono l’ultima parola. E non si battono contro gli americani, ma contro tutte le autorità,“I grandi non esistono più!” proclamavano. “La disfatta li ha aboliti. Siamo tutti eguali! Che non ci vengano a rompere i coglioni!” (pag. 38)

Qualcuno ha detto che i repubblichini sono come i rivoluzionari del ’68, questi ultimi vittime dell’ideologia, della società bloccata e gerarchizzata. Vittime che vivono con le loro parate o con i loro cortei. E tutti uniti, purtroppo, da una triste illusione: la rivoluzione, “Questa è la rivoluzione, volete capirlo? Le rivoluzioni non si fanno con i guanti bianchi. No! Stavolta non si ripetono gli errori del ’21! Stavolta si fa piazza pulita! Pietà l’è morta!” (pag. 129)

Le frasi del romanzo di Mazzantini scattano come molle tese. Consegnano, al lettore, una visione infiammata di quei ventenni del 1945, di quei ragazzi che sbagliano e sono travolti dagli eventi della guerra civile. Con il passare degli anni, tuttavia, l’opera si mostra artisticamente completa. La mirata assenza di piani temporali narrativi; il realismo acuto; le pagine che sembrano sussurrare: Stai attento, sta per accadere qualcosa nella pagina seguente!Il che genera il bisogno di leggere subito un romanzo storico con questi caratteri.

E per il dibattito sul cosiddetto romanzo neo-storico contemporaneo, la rilettura critica di ‘A cercar la bella morte’assume un preciso significato. Cioè, si provi a riattualizzare questo passato italiano per collegarlo idealmente alla sconfitta delle giovani generazioni, a tutte le generazioni che perdono l’innocenza, “Già noi non eravamo più innocenti. No, certo non lo eravamo più! Avevamo ucciso, violentato… Ma quanti lo erano allora?” (pag. 313) Allora, con le naturali differenze tematiche e creative, è il momento di auspicare opere narrative utili ad un riesame della relazione passato/presente, perché no… ripartendo anche da un romanzo sui fascisti degli anni settanta o sui miti tragici delle gioventù.


Ora, dopo anni dalla sua pubblicazione, l’opera narrativa di Mazzantini indica una ‘rotta’ per uscire dal mare della letteratura di plastica; indica che è possibile ritrovare il gusto della ricerca storica e le ragioni per narrare, rimanendo distanti dalla dimensione letteraria odierna fatta di entertainment diffuso.

sabato 11 gennaio 2014

Marò. Torna lo spauracchio della condanna alla pena di morte mentre il governo cincischia...

tratto da Barbadillo.it

Non si può escludere, allo stato,  la pena di morte al termine del processo in corso in India per i due marò italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. L’indiscrezione arriva da una notizia diffusa dalla stampa indiana ed è stata corroborata da una mancata smentita di un ministro indiano. Mentre solo nel tardo pomeriggio il governo ha battuto un colpo, rinnovando l’impegno (finora disatteso) di riportare a casa i nostri soldati. Di sicuro si pagano errori commessi dal governo Monti, ma l’esecutivo Letta – nonostante l’abnegazione commuovente del delegato Staffan de Mistura – finora ha dato prova di sudditanza e di scarsa incisività nell’affrontare anche diplomaticamente la controparte indiana.


La polizia indiana Nia starebbe per ricevere il via libera da parte del ministero dell’Interno per presentare un rapporto sulla vicenda che coinvolge i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone utilizzando una legge indiana per la repressione della pirateria che prevede la pena di morte. Lo scrive oggi il quotidiano Hindustan Times. Il giornale, citando un alto responsabile governativo che ha chiesto di non essere identificato, sostiene che al riguardo «c’è accordo» fra i ministri del governo.


Da New Delhi il ministro dell’Interno indiano Shushil Kumar Shinde ha rimandato la decisione finale di quarantotto-trentasei ore: “Sapremo tra due o tre giorni”.  Da Roma, torna sulla querelle il governo con una nota del premier Enrico Letta, che insieme al ministro Emma Bonino, sta brillando per proclami senza raggiungere alcun risultato: “Il governo italiano è impegnato con la massima determinazione su questo caso e resterà a fianco dei Marò e delle loro famiglie fino a che avremo raggiunto l’obiettivo di riportarli in Italia”.


Si registra infine l’intervento dei parlamentari di Fratelli d’Italia che chiedono al ministro Bonino di venire ad horas a riferire in aula sulle ultime notizie che arrivano dall’India.

giovedì 9 gennaio 2014

Ascoli la celtica e la disinformazione: come travisare un simbolo di anticonformismo...

di Mario Bozzi Sentieri (Barbadillo.it)

Prendi una bugia,  ripetila mille volte e diventerà una verità. Prendi una croce celtica, trasformala nel simbolo di un passato “turpe e sanguinario” e ti troverai ad avere un bel  marchio con cui bollare il nemico di turno. Anche se  l’assioma è fasullo. Anche se il simbolo ha ben altre radici ed ascendenze.


È accaduto nel passato. Accade, di tanto in tanto, per bollare qualche tifoseria. È toccato ora all’assessore alla Cultura, Identità e Pubblica istruzione presso la Provincia di Ascoli Piceno, Andrea Maria Antonini, che ha avuto l’ardire di presentarsi alla partita di calcio Ascoli-Frosinone, con al collo una sciarpona “griffata” dal simbolo incriminato. A scatenare l’indignata protesta questa volta è stata l’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), che, attraverso il suo presidente locale, William Scalabroni, ha dichiarato: «Un assessore alla Cultura non può permettersi il lusso di passeggiare sugli spalti dello stadio cittadino facendo bella mostra della sua persona addobbata di sciarpa con tanto di simboli celtici che inneggiano e rievocano quel nazifascismo autore dei peggiori crimini a danno dell’umanità. Dietro la Medaglia d’Oro per attività partigiana, di cui sono insignite Ascoli e la Provincia, c’è il sangue dei partigiani ascolani che sono stati trucidati da uomini che sventolavano vessilli con gli stessi simboli che hai esposto al “Del Duca”. Non puoi permetterti di fare l’assessore andando in giro per la città inneggiando al nazifascismo».


Che c’azzecca la croce celtica con il nazifascismo, i peggiori crimini dell’umanità ed il sangue dei partigiani ascolani francamente ci sfugge.  A  “grattare” il simbolo si scoprono ben altre ascendenze spirituali: magari l’esoterismo solare, il cattolicesimo irlandese, la tradizione gotica. Insomma riferimenti antichi e radici millenarie.


Se proprio vogliamo andare a  trovare qualche collegamento strettamente politico dobbiamo guardare al dopoguerra e all’esperienza di Jeune Europe, il movimento europeista transnazionale, fondato, nel 1962, dal belga Jean Thiriart, che  auspicava il  superamento dei vecchi blocchi, al punto da guardare a Ceausescu (allora in rotta con l’Urss).  Jeune Europe fece della croce celtica il simbolo unificante delle sue undici sezioni nazionali, favorendone la diffusione in tutta l’ Europa occidentale.
Il “marchio” venne poi utilizzato, in Italia, durante gli anni Settanta, da vari gruppi della destra giovanile, ma certamente non in funzione “nostalgica”. Anzi, proprio all’opposto, alla ricerca di sintesi politiche ed ideali, che rimarcassero, anche nella simbologia, uno “strappo” nei confronti della vecchia destra. Perciò volere  trasformare  la croce celtica in uno spauracchio “politico”  appare fuori luogo e perfino un po’ ridicolo. Specie se certe polemiche  provengono  da chi – da sinistra – continua a fare uso di simboli  che appartengono, quelli sì,  ad un passato turpe e sanguinario.

mercoledì 8 gennaio 2014

Acca Larenzia. Il racconto della strage su La Stampa dell’8 gennaio 1978...

tratto da Barbadillo.it


Francesco Ciavatta soccorso dopo esser stato colpito dal commando terrorista (foto da La Stampa dell’8 gennaio 1978)
(Pubblichiamo l’articolo uscito su La Stampa dell’8 gennaio 1978: la lettura consente di ricostruire – stante alcune inesattezze – il clima di repressione intorno alla comunità missina nonché i primi riscontri degli investigatori che descrissero, grazie ai testimoni, l’operazione di un commando con cinque-sette terroristi a volto scoperto. Mai individuati. Acca Larenzia resta un buco nero e una vergogna nazionale, una strage che reclama ancora giustizia). 
 
Due missini uccisi da terroristi gravi scontri, sparatorie a Roma
 

Le due vittime erano appena uscite da una sezione del partito al Tuscolano – Un “commando” ha fatto fuoco a raffica – Ferito un terzo giovane – Nei disordini un altro missino, che stava sparando, è stato colpito alla fronte da un carabiniere Riflettano i politici

Roma, 7 gennaio 1978. Ancora due nomi sono andati ad allungare la lista delle vittime del terrorismo politico: Franco Bigonzetti, di 20 anni, e Francesco Ciavatta, di 19, missini, sono stati uccisi da numerosi colpi d’arma da fuoco che li hanno colpiti alla testa e al torace mentre insieme con un terzo giovane (Vincenzo Fignari, di 18 anni, rimasto ferito) uscivano dalla sezione del msi di via Acca Larenzia al quartiere Tuscolano. alla periferia della città. A sparare, secondo le prime testimonianze, sarebbe stato un «commando» di cinque giovani tra cui una ragazza. Gli agenti dell’ufficio politico hanno raccolto sul luogo dell’attentato una dozzina di bossoli calibro 7,65.

Non era trascorsa neanche un’ora dal grave episodio di violenza politica che nuovi disordini sono scoppiati nella zona:Carlo Ceccherini, un giornalista del Tg 1 è rimasto ferito mentre la troupe televisiva tentava di riprendere alcune immagini della sezione e del luogo dove erano caduti i giovani colpiti. Cinquecento missini si erano radunati nelle vicinanze ed alcuni di loro hanno aggredito il giornalista. Ne sono nati scontri; una quarantina di giovani ha ingaggiato una vera e propria guerriglia con un reparto di carabinieri. Sono stati sparati candelotti lacrimogeni, l’atmosfera si è surriscaldata e, mentre il capo dell’ufficio politico, Spinella, cercava di trattenere i missini e li esortava a disperdersi, uno dei manifestanti ha estratto la pistola ed ha sparato contro i militari.

L’ufficiale che comandava il reparto ha risposto esplodendo alcuni colpi in aria e carabinieri hanno reagito sparando e colpendo il missino Stefano Recchioni, che è stato raggiunto alla fronte. Il giovane è stato trasportato all’ospedale e le sue condizioni sono giudicate gravi.

La polizia sta tentando una prima ricostruzione dell’episodio. Sembra che i tre giovani missini avessero partecipato a una riunione nella sede del loro partito. Appena finita, i tre erano usciti insieme sulla strada; erano circa le 18,30. A questo punto — secondo quanto riferiscono alcuni testimoni che si trovavano in quel momento nei negozi adiacenti —sono arrivati di corsa i cinque giovani componenti il « commando » e hanno sparato numerosi colpi a raffica in direzione dei tre, riuscendo poi a fuggire a piedi nelle vie adiacenti. Via Acca Larenzia è una strada larga che congiunge due vialoni adiacenti formando una specie di grosso cortile tra gli altissimi caseggiati: quando i tre missini insieme con altri giovani sono usciti dalla sezione c’erano vari passanti; numerose persone dalle loro abitazioni hanno udito i colpi d’arma da fuoco; alcune si sono affacciate e hanno visto gli attentatori fuggire a piedi.

Franco Bigonzetti è stato colpito alla testa: un proiettile gli è entrato dall’occhio destro ed è uscito dall’orecchio sinistro. Raggiunto da un secondo proiettile all’addome e da un terzo al torace i caduto fulminato. Francesco Ciavatta e Vincenzo Fignari hanno cercato scampo nelle strade adiacenti; mentre il secondo veniva raggiunto al braccio destro, Francesco Ciavatta era colpito al petto e si accasciava al suolo dopo pochi passi. L’ambulanza giunta pochi minuti dopo ha trasportato i due giovani all’ospedale San Giovanni, ma nella sala operatoria Francesco Ciavatta è morto dopo pochi minuti. In via Acca Larenzia sono arrivati gli agenti dell’ufficio politico, i carabinieri e gli uomini dei servizi di sicurezza. Immediatamente è stata fatta una lista di testimoni oculari e sono iniziati gli interrogatori.

Numerose persone concordano sul numero degli attentatori, da cinque a sette e tutti a volto scoperto, così come si trovano d’accordo nell’affermare che anche una donna armata faceva parte del «commando» terrorista. Il duplice omicidio ha destato sdegno e commozione nel quartiere, una zona popolare purtroppo abituata ad assistere ad episodi di violenza politica: dalle sezioni missine del Tuscolano sono partite spesso numerose squadre contro studenti di sinistra e spesso si erano avute ritorsioni, ma mai fino ad ora c’era stato un omicidio compiuto da un vero e proprio «commando», che ha agito con freddezza e a volto scoperto.

Un comunicato emesso dal presidente del msi-dn, Romualdi attribuisce al «clima di odio e di delinquenza» creato «in parte dalla bestiale propaganda politica che tutti i partiti del cosiddetto arco costituzionale» avrebbero condotto contro il msi, quanto è avvenuto.  
(articolo di Silvana Mazzocchi)