giovedì 7 agosto 2014

Un democristiano con i piedi nel secolo scorso...


di Fabrizio Maggi (L'intellettuale Dissidente)

Avere meno di 40 anni, sfornare tweet in quantità industriale, organizzare conferenze stampa con slides prese in prestito ai cartelloni pubblicitari: la retorica del cambiamento viaggia sulle ali dell’immagine. Se ci si addentra nei gangli dei provvedimenti governativi e ministeriali si trova una coltre di muffa vecchia di decenni.


Nel piano sblocca Italia c’è un progetto molto serio sullo sblocco minerario. E’ impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e Basilicata. Io mi vergogno di andare a parlare delle interconnessioni tra Francia e Spagna, dell’accordo Gazprom o di South Stream, quando potrei raddoppiare la percentuale di petrolio e del gas in Italia a dare lavoro a 40mila persone e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini”.
Se non fosse per i riferimenti a Gazprom e South Stream la dichiarazione precedente potrebbe figurare a buon diritto come un reperto storico del ventesimo secolo, pronunciata da qualche politico ancora inconsapevole degli sviluppi che il mondo dell’energia avrebbe assunto in futuro. Invece queste parole provengono da un’intervista rilasciata da Matteo Renzi al Corriere della Sera qualche giorno fa. Alla risibile motivazione che l’Unione Europea non possa in considerazione proposte italiane se prima non abbiamo prosciugato i nostri pozzi minerari, si affiancano una serie di dati campati per aria. Spulciando le pagine del World economic and energetic Atlas 2013, rassegna statistica annuale sul mercato di petrolio e gas mondiale e sul sistema della raffinazione curata dall’Eni, si scopre che se estraessimo gli 11 milioni di tonnellate di riserve petrolifere stimate nei fondali marini del nostro Paese, ai consumi attuali, li esauriremmo in soli 55 giorni. Quanto ai posti di lavoro, predetti sulla base di dati forniti da Assomineraria (il vecchio detto “non chiedere all’oste com’è il vino” vale ancora), vanno confrontati con il rapporto della direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero per lo Sviluppo Economico, che disegna uno futuro diverso: “Il rapporto fra le sole riserve certe e la produzione annuale media degli ultimi cinque anni, indica uno scenario di sviluppo articolato in 7,2 anni per il gas e 14 per l’olio”. Si discute in realtà di poche centinaia di occupati a livello diretto e indiretto per azienda.
A guadagnarci ed anche molto sarebbero i petrolieri, visto che in Italia le royalties sono tra le più basse del mondo: oltre alle tasse governative, le società che estraggono cedono solo il 4% dei loro ricavi per le estrazioni in mare e il 10% per quelle su terraferma. In Norvegia quasi l’80% del ricavato dell’industria petrolifera viene riscosso dallo Stato. In Gran Bretagna c’è una tassa aggiuntiva del 32%. La 63esima edizione della Statistical Review of World Energy realizzata dalla British Petroleum poi ci informa che le riserve mondiali di petrolio, comprendenti anche gpl e ‘condensati’, sono sufficienti al tasso attuale di consumo fino al 2067. Le soglie sugli attuali tassi di consumo non tengono conto dei 2 miliardi in più di esseri umani che popoleranno il pianeta da qui al 2050. Non sarà il caso di cambiare veramente rotta, per utilizzare un termine tanto caro al nostro premier? Sarebbe sufficiente tagliare gli extra-profitti dei venditori di energia che comprano l’energia in borsa a prezzo basso (45 euro per ogni megawatt/ora) e la rivendono ai clienti finali ad un prezzo di oltre 80 euro per ogni megawatt/ora, tagliando le bollette agli utenti finali di ben 8 miliardi di euro. Una parte dei proventi potrebbero essere reinvestiti nello sviluppo di fonti rinnovabili di energia.
Avere meno di 40 anni, sfornare tweet in quantità industriale, organizzare conferenze stampa con slides prese in PRESTITO ai cartelloni pubblicitari: la retorica del cambiamento viaggia sulle ali dell’immagine. Se ci si addentra nei gangli dei provvedimenti governativi e ministeriali si trova una coltre di muffa vecchia di decenni. L’operazione di rinnovamento tanto sbandierata dai vertici del Partito Democratico riguarda, nella migliore delle ipotesi, solo l’età anagrafica dei protagonisti. Un capo di governo che ignora le criticità ambientali dell’estrazione delle risorse petrolifere, minimizza gli impatti sanitari (un’occhiata ai dati del Registro dei tumori in Basilicata apre uno spaccato sulla notevole incidenza delle patologie tumorali nella maggior parte delle aree della regione), affossa con ogni mezzo lo sviluppo delle energie rinnovabili (vedi il decreto spalma-incentivi, bocciato anche dal New York Times), non è il nuovo che avanza, è Lazzaro che resuscita. Un Lazzaro che ha rubato a Fonzie la giacca di pelle.

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