di Amerigo Griffini (Barbadillo.it)
Il 28 aprile 1945, a fine guerra, fu ucciso per un tragico equivoco il Contrammiraglio Ubaldo degli Uberti, discendente del nobile ghibellino fiorentino Farinata degli Uberti.
Durante la Prima guerra mondiale era stato Comandante del sommergibile “Giacinto Pullino”, sul quale ebbe ai suoi ordini anche il Tenente di Vascello Nazario Sauro. Nel 1916 durante un’azione di guerra, con il sommergibile incagliato, fu fatto prigioniero assieme al suo equipaggio e in prigionia rimase fino alla fine del conflitto. Rientrato in servizio, lo abbandonò negli anni ’20 per insanabili contrasti con lo Stato Maggiore.
Si dedicò quindi all’attività di scrittore. In questa veste di letterato e di storico, entrò in contatto con il poeta americano Ezra Pound, che si era stabilito a Rapallo e del quale fu anche il primo traduttore dall’inglese. Del grande poeta del ’900 divenne anche amico.
Tra i due l’amicizia significò anche condivisione ideale: il poeta americano rimase affascinato dall’aristocratico discendente proveniente direttamente dal Medioevo fiorentino e questi non poteva non essere a sua volta affascinato dalle idee sulla moneta e contro l’usura dell’americano anomalo. Pound ribattezzò l’amico “Ub2″ (Uberti 2, Ubaldo secondo, dopo Farinata).
Richiamato in servizio poco prima dell’entrata dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, con il grado di Contrammiraglio, gli fu affidato l’Ufficio Propaganda di Supermarina e fu il curatore del settimanale “Prore armate”. Nel suo incarico di “propagandista” degli Uberti ebbe come collaboratore anche il regista cinematografico Francesco De Robertis, padre del neorealismo italiano, a sua volta ufficiale di Marina. Di fatto degli Uberti per conto dell’Ammiragliato fu il produttore del film “La nave bianca”.
Dopo l’8 settembre 1943, quando la scelta di campo si rese obbligatoria, l’aristocratico Ubaldo degli Uberti, come il principe Junio Valerio Borghese, si guadrò bene dal seguire un “monarca fellone” e la scelta fu quella repubblicana: la Repubblica Sociale di Mussolini dove ritròvò anche il vecchio poeta amico Pound, il “miglior fabbro”.
Nella RSI Ubaldo degli Uberti si stabilì a Vicenza – sede del Sottosegretariato della Marina – dove fu responsabile della Propaganda e direttore del settimanale “Marina Repubblicana”, la pubblicazione che si occupò anche di far rimbalzare sulle sue pagine alcuni “Cantos” di Ezra Pound.
Per quegli strani percorsi che la vita riserva a persone straordinarie Ubaldo degli Uberti a Vicenza si imbatté per caso nella chiesa medievale di San Lorenzo dove vide lo stemma di famiglia e scoprì che il suo antenato ghibellino Lapo degli Uberti era sepolto proprio lì, morto in esilio a Vicenza, lontano dalla sua Toscana. Particolare che Ub2 rivelò a Pound che lo tradusse in poesia come “vento di siepe”.
Nei giorni concitati immediatamente successivi al 25 aprile, Degli Uberti si trovava a Montecchio Maggiore.
Dopo aver messo in libertà il personale della Marina alle sue dipendenze con la raccomandazione di seguire sempre le vie dell’Onore, prese la via per Vicenza assieme al Colonnello Italo Sanguinetti e ad un marò.
Fatti pochi chilometri l’auto si trovò nel mezzo di una situazione caotica: alcuni marò del Battaglione “Pegaso” della Xª Flottiglia MAS erano intervenuti per impedire il saccheggio di un magazzino del reparto da parte di un gruppo di civili – ormai nel clima della Liberazione. Poco dopo sul posto era giunto anche un reparto della Wehrmacht composto da volontari mongoli i quali, vedendo arrivare a forte velocità l’auto con a bordo il Contrammiraglio, aprirono il fuoco contro di essa.
Il Colonnello Sanguinetti morì sul colpo mentre Ubaldo degli Uberti, ferito gravemente fu portato in un ospedale da due ragazze che lo avevano adagiato su un carretto. Nonostante le sue condizioni disperate (aveva anche avuto l’asportazione di netto di una mano), esortò le due donne a mettersi in salvo non pensando a lui, quando giunse un aereo americano che, a bassa quota, mitragliava tutto ciò che si muoveva. Poco dopo il ricovero in ospedale, morì.
Per l’ennesima beffa del destino, il figlio dell’ufficiale, Riccardo degli Uberti, rientrando da Berlino dove era impiegato nell’Ambasciata italiana, si trovò a passare da Vicenza proprio mentre il padre spirava, ignorando però il fatto.
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