di Federica Forte (L'Intellettuale Dissidente)
La minaccia del terrorismo, l’incertezza di una società che ha perso i suoi punti di riferimento, i grandi cambiamenti, l’urbanizzazione dilagante che impone alle persone di condividere spazi sempre più stretti con vicini indesiderati, l’intolleranza e la cappa di pericolo che sembra incombere su ogni realtà ci hanno abituato, ormai da tempo, alla presenza di telecamere in ogni dove. Lo sviluppo dell’IT ha fatto il resto. Telecamere ovunque. Telecamere nei vicoli ciechi e nei parchi pubblici, negli uffici e nelle banche, nelle scuole, nelle abitazioni private. La predisposizione di un sistema capillare di videosorveglianza si è rivelato nella maggior parte decisivo nell’identificazione di ladri ed assassini, con buona pace della comunità che baratta la propria privacy con la promessa di sicurezza, ignorando tuttavia che le telecamere possono risolvere il problema solamente una volta che il fatto è accaduto. La presenza di videocamere, infatti, non ha fatto cessare né crimini né rapine.
Ma nella società della cura, è naturale che questa- la cura al male- venga sempre preferita a qualsiasi forma di prevenzione, in quanto il rimedio è molto più profittevole. Basti pensare ai profitti milionari delle industrie che producono telecamere e sistemi di sorveglianza, agli sviluppatori che rilasciano i software attraverso i quali collegare le telecamere ai propri computer, permettendo così agli individui di monitorare continuamente l’interno e l’esterno delle proprie abitazioni. Luogo di elezione privilegiato della presenza di telecamere di sorveglianza sono stati e sono, naturalmente, i supermercati. Solo nel 2013 i furti nei supermercati in Italia hanno superato il valore di 3 miliardi di euro. Certamente la crisi economica e la disperazione di stipendi sempre più esigui spinge molti individui- soprattutto anziani- a compiere questi gesti folli, rischiando di venire beccati, mettendo in gioco la propria dignità, per fame. Poiché per molti supermercati questi furti significano delle perdite notevoli, è comprensibile la crescente presenza di dispositivi di sorveglianza che quantomeno scoraggino qualsiasi tentativo. A questo si aggiunga la presenza di sorveglianti che si aggirano tra le corsie, compiendo in alcuni casi dei veri e propri pedinamenti e, se necessario, ispezioni. Ma i tempi sono quelli che sono, e la prudenza non è mai troppa.
E’ in arrivo, però, un’importante novità. Le telecamere installate nei supermercati avranno un’altra funzione: dotate di sensori digitali, spieranno da vicino il comportamento degli acquirenti tra le corsie[1]. Perchè Tizio compra sempre quel prodotto? Perchè Caio non lo prende neppure in considerazione? Quanto tempo impiega Sempronio per fare i suoi acquisti? Tutto- comportamenti di acquisto, di scelta, perfino le espressioni facciali e le esclamazioni, i gusti – sarà accuratamente registrato e si procederà con ulteriori approfondite analisi statistiche, con l’obiettivo di comprendere a fondo il comportamento di acquisto degli acquirenti di un supermercato e, sulla base di algoritmi, identificare il prodotto “migliore” per ogni cliente. L’obiettivo è, naturalmente, simile a quello del direct marketing. Spingere la segmentazione dei clienti fino al one-to-one, rivolgersi direttamente al singolo, anziché alla massa indistinta dei consumatori.
La presenza di questi sensori digitali, dunque, risponde ad esigenze di efficienza ed efficacia dell’azione di vendita. A tutto vantaggio dei consumatori, affermano gli esperti e le imprese. The consumer is the king, le imprese umili servitori di un consumatore sempre più esigente ed esperto, che sa cosa vuole e dove prendere ciò di cui ha bisogno.La concorrenza è spietata e per vincerla le imprese devono riuscire a legare a sé i consumatori con un corda talmente stretta che per questi sia impossibile liberarsene. E il modo migliore per farlo è dimostrare loro che solo Lei, l’impresa, è in grado di offrire quello che desiderano, comprendere i bisogni più profondi della clientela ed anticiparne le richieste. E’ per comprendere le reali esigenze del consumatore che le imprese ne spiano ogni movimento , ne indagano il profondo, attraverso interviste e ricorrendo all’osservazione sempre più intruisiva nella loro quotidianità. E’ per offrire servizi sempre più corrispondenti alle esigenze del consumatore, che le imprese conducono ricerche di marketing, su adulti e bambini . Essere cavie da laboratorio, oggi, è il prezzo da pagare per poter avere prodotti su misura, prodotti sempre nuovi, entusiasmanti, nella consapevolezza, però, che non potranno mai soddisfarci pienamente, perchè il meglio deve ancora venire. I nostri desideri possono essere soddisfatti solo in parte e sull’imperfezione, seppure minima, insita in ogni prodotto e servizio che si regge il sistema di produzione della società consumistica, che postula la produzione infinita ed un progresso senza fine.
Pecchiamo di ingenuità se crediamo che il male si presenti puntualmente nelle vesti di un mostro famelico dagli occhi iniettati di sangue. Troppe volte l’indicibile, ciò che fa tremare di paura, ha volto angelico. Per questo il male, quando arriva, ci coglie impreparati e stentiamo a riconoscerlo. Le grandi imprese- perchè, naturalmente, grandi devono essere per avere i mezzi necessari a porre sotto sorveglianza i consumatori, giacchè questi metodi necessitano di strumenti costosi e time-consuming- costruiscono la torre da cui dominare il mercato e l’umanità ponendo come mattoni un falso quanto deleterio altruismo e un’etica degli affari che si risolve sempre di più in mera operazione di marketing. Come se non fosse nota alle multinazionale la Legge di Say (una delle prime nozioni che si apprende nei corsi di economia) secondo la quale l’offerta crea sempre la propria domanda. Il consumatore, del resto, non potendo ricorrere nella gran parte dei casi all’autoproduzione- come costruirsi da sé un televisore? La soluzione è farne a meno, ma deve “accontentarsi” dell’offerta del mercato. Offerta che, tra l’altro, è sempre più standardizzata. Allora il controllo che le imprese tentano di assumere sul consumatore si configura, in ultimo, come mera intrusività nelle loro vite. Lo fa il potere attraverso il controllo e la manipolazione dei mass-media, lo fanno in misura minore le religioni ed oggi tocca all’unica religione a cui sembra obbedire l’uomo del nuovo millennio: il consumo. Le imprese piazzano telecamere nei templi sacri del consumismo: gli ipermercati. Abolita la sacralità degli spazi personali e il diritto di ogni individuo di scegliere cosa esprimere di sé e con quali mezzi, il consumatore è nudo e senza difese di fronte alle imprese.
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