di Mario Bozzi Sentieri (Barbadillo.it)
Prendi una bugia, ripetila mille volte e diventerà una verità. Prendi una croce celtica,
trasformala nel simbolo di un passato “turpe e sanguinario” e ti
troverai ad avere un bel marchio con cui bollare il nemico di turno.
Anche se l’assioma è fasullo. Anche se il simbolo ha ben altre radici
ed ascendenze.
È accaduto nel passato. Accade, di tanto in tanto, per bollare qualche tifoseria. È toccato ora all’assessore alla Cultura, Identità e Pubblica istruzione presso la Provincia di Ascoli Piceno, Andrea Maria Antonini,
che ha avuto l’ardire di presentarsi alla partita di calcio
Ascoli-Frosinone, con al collo una sciarpona “griffata” dal simbolo
incriminato. A scatenare l’indignata protesta questa volta è stata l’Anpi
(Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), che, attraverso il suo
presidente locale, William Scalabroni, ha dichiarato: «Un assessore alla
Cultura non può permettersi il lusso di passeggiare sugli spalti dello
stadio cittadino facendo bella mostra della sua persona addobbata di
sciarpa con tanto di simboli celtici che inneggiano e rievocano quel
nazifascismo autore dei peggiori crimini a danno dell’umanità. Dietro la
Medaglia d’Oro per attività partigiana, di cui sono insignite Ascoli e
la Provincia, c’è il sangue dei partigiani ascolani che sono stati
trucidati da uomini che sventolavano vessilli con gli stessi simboli che
hai esposto al “Del Duca”. Non puoi permetterti di fare l’assessore
andando in giro per la città inneggiando al nazifascismo».
Che c’azzecca la croce celtica con il nazifascismo, i
peggiori crimini dell’umanità ed il sangue dei partigiani ascolani
francamente ci sfugge. A “grattare” il simbolo si scoprono
ben altre ascendenze spirituali: magari l’esoterismo solare,
il cattolicesimo irlandese, la tradizione gotica. Insomma riferimenti
antichi e radici millenarie.
Se proprio vogliamo andare a trovare qualche collegamento
strettamente politico dobbiamo guardare al dopoguerra e all’esperienza
di Jeune Europe, il movimento europeista transnazionale,
fondato, nel 1962, dal belga Jean Thiriart, che auspicava il
superamento dei vecchi blocchi, al punto da guardare a Ceausescu (allora
in rotta con l’Urss). Jeune Europe fece della croce celtica il simbolo
unificante delle sue undici sezioni nazionali, favorendone la
diffusione in tutta l’ Europa occidentale.
Il “marchio” venne poi utilizzato, in Italia, durante gli
anni Settanta, da vari gruppi della destra giovanile, ma certamente non
in funzione “nostalgica”. Anzi, proprio all’opposto, alla
ricerca di sintesi politiche ed ideali, che rimarcassero, anche nella
simbologia, uno “strappo” nei confronti della vecchia destra. Perciò
volere trasformare la croce celtica in uno spauracchio “politico”
appare fuori luogo e perfino un po’ ridicolo. Specie se certe polemiche
provengono da chi – da sinistra – continua a fare uso di simboli che
appartengono, quelli sì, ad un passato turpe e sanguinario.
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