di Mario Bozzi Sentieri (Barbadillo.it)
E’ proprio vero che della politica si può fare a meno ? Molti italiani ne sono convinti e perciò disertano le urne, “schifano” l’argomento, archiviano la questione girandosi dall’altra parte.
In realtà, come diceva un vecchio slogan – tuttora di attualità – se tu non ti occupi di politica, la politica si occupa di te … nel bene e nel male. Certo, c’è la politica vessatoria e truffaldina, quella della corruzione e degli interessi personali, delle tasse e dei regolamenti soffocanti contro cui non è difficile provare una naturale insofferenza. Ma c’è anche una politica che costa tantissimo per i suoi silenzi e le sue assenze.
Pensiamo a quanto pesa la politica, nel senso, teorico e pratico, della Costituzione, dell’organizzazione, dell’amministrazione dello Stato e della direzione della vita pubblica, in rapporto ai temi dell’economia, rispetto alle questioni relative alla gestione del territorio, alle infrastrutture, alla burocrazia, alla tassazione, alla scuola, alla formazione, alla ricerca.
Ed ancora pensiamo a quanto conta l’assenza della politica italiana rispetto allo sfarinarsi del nostro sistema produttivo, posto sotto attacco non solo da parte di una generica congiuntura economica quanto, in molti casi, di grandi gruppi industriali stranieri.
E’ nota la recente iniziativa dell’americana Whirpool, che, in contrasto con l’accordo preso nel 2013, ha portato fuori dall’Italia alcune linee di produzione ed ora si appresta a dichiarare 1.350 esuberi, compresi gli 800 addetti dello stabilimento di Caserta che verrebbe chiuso.
Così come è significativa la recente cessione della Pirelli al colosso cinese ChemChina, secondo una strategia del Governo di quel Paese che mira, attraverso suoi fondi statali, a occupare posizioni strategiche in vari settori dell’economia mondiale e a portare in Cina le competenze tecnologiche (carpendo anche segreti di produzione) per essere competitivi direttamente dal proprio territorio.
Terza ma non ultima la cessione da parte di Finmeccanica di Ansaldo STS e Breda al colosso
giapponese Hitachi. A denunciare il fatto che ogni decisione sia stata fatta in funzione delle necessità finanziarie dell’azionista piuttosto che in ragione del valore strategico, per l’Italia, dell’industria dei Trasporti sono stati i “Cappellani del lavoro” del capoluogo ligure. Dopo avere auspicato ed atteso uno sforzo congiunto per la costituzione di un “Polo Italiano dei Trasporti”, come realtà integrata della capacità progettuale e professionale del nostro Paese in questo importante settore, essi non hanno potuto fare a meno di denunciare proprio il silenzio della Politica.
giapponese Hitachi. A denunciare il fatto che ogni decisione sia stata fatta in funzione delle necessità finanziarie dell’azionista piuttosto che in ragione del valore strategico, per l’Italia, dell’industria dei Trasporti sono stati i “Cappellani del lavoro” del capoluogo ligure. Dopo avere auspicato ed atteso uno sforzo congiunto per la costituzione di un “Polo Italiano dei Trasporti”, come realtà integrata della capacità progettuale e professionale del nostro Paese in questo importante settore, essi non hanno potuto fare a meno di denunciare proprio il silenzio della Politica.
Una Politica – aggiungiamo noi – sempre più debole e sempre più scissa rispetto al contesto sociale, culturalmente incapace di pensare e di pensarsi in grande, limitando il proprio ruolo alle sole azioni fiscali e monetarie (dettate dall’Unione Europea) anche in contesti di disoccupazione strutturale, anche là dove sono in gioco i destini strategici delle nostre aziende.
Nel denunciare questa realtà e nel manifestare la nostra solidarietà ai lavoratori e ai tecnici delle imprese che pagano, in prima persona, questa assenza della Politica, questa diserzione della Politica, l’invito è di andare oltre la pura e semplice fotografia dell’esistente, le pur legittime difese di settore, le proteste, le sempre più deboli trattative. Di Politica, di idee e di visioni ampie e complessive c’è bisogno, non certo di un attendismo sfibrante ed inconcludente, che sembra condannare l’Italia ad un irreversibile tramonto.
Come diceva, nel maggio del 1915 Gabriele D’Annunzio, paladino della battaglia interventista: “ …noi non siamo, noi non vogliamo essere un museo, un albergo, una villeggiatura, un orizzonte ridipinto col blu di Prussia per le lune di miele internazionali , un mercato dilettoso ove si compra e si vende, si froda e si baratta …”. A cent’anni di distanza siamo ancora lì: “mercato dilettoso”, grazie al silenzio della politica nazionale, a disposizione dei mercanti internazionali. Con i risultati che sono bene visibili a tutti.
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