Anche quest’anno una piccola pagina di storia è stata scritta. Sotto una pioggia battente centinaia di persone hanno sfilato, con Casaggì e gli altri movimenti del territorio, per ricordare i martiri delle foibe nel nono anno consecutivo. Un appuntamento che il nostro “centro sociale di destra” ha creato quasi un decennio fa e che oggi è diventato un appuntamento tradizionale e condiviso che puntualmente coinvolge un numero di attivisti e di cittadini oltre ogni più rosea aspettativa.
Un fiume composto di tricolori ha colorato le strade della città, nonostante le minacce, la quasi totale assenza delle adesioni istituzionali e il clima di odio montato ad arte da una certa sinistra, la stessa che come sempre ha sfilato con una contromanifestazione di pochi sconfitti dalla storia, condita dai soliti vessilli titini e sovietici, che quest’anno si è anche presa la briga di cacciare a calci alcuni dei partigiani dell’Anpi e buona parte della sinistra “moderata”. Erano scesi in piazza invocando le lotte partigiane e sono finiti col rinnegarne la presenza stessa: il triste epilogo di un antifascismo che non ha più alcun senso di esistere.
Anche quest’anno, nonostante le mille avversità, la Comunità umana e politica della destra fiorentina ha dato una magnifica prova di mobilitazione e capacità organizzativa, chiamando a raccolta centinaia di persone e mostrando una compostezza degna di elogio e una maturità politica che ha saputo anteporre il bene di una battaglia trasversale alle logiche di partito o di movimento, con un risultato finale che non lascia alcun dubbio sulla necessità di fare quadrato attorno a quei punti fermi che per tutti rappresentano un patrimonio condiviso.
La nostra presenza in piazza, era doverosa: lo era per quelle migliaia di italiani massacrati senza colpa alcuna, se non quella di non aver voluto rinnegare il proprio senso di appartenenza. Lo era per le migliaia di esuli, alcuni dei quali ci hanno onorato della loro presenza, che sono stati costretti a fuggire dalle proprie case e che in Italia sono stati feriti una seconda volta dall’odio cieco di chi ha pensato bene di umiliarli e farli sentire degli ospiti indesiderati. Lo era per quel senso di orgoglio e di nobiltà che proviamo ogni volta che mille tricolori si alzano al cielo e ogni volta che il nostro inno nazionale viene cantato all’unisono da migliaia di voci in coro. Lo era per quel pezzo di storia dimenticato e lasciato da parte, per non far torto ad una parte di paese che aveva contribuito ad un eccidio senza senso. Lo era per questa nostra terra, martoriata e umiliata, spesso anche da chi vi è nato, ma non ha saputo coglierne la grandezza a causa di una cecità ideologica priva di slancio. Lo era perché crediamo che la memoria condivisa, quella che ogni popolo degno di questo nome dovrebbe avere, sia un traguardo ancora lontano. Lo era per non lasciare la piazza nelle mani di chi non prova vergogna nell’osannare dei carnefici.
Per questo e per mille altri motivi ci siamo schierati. Perché potranno minacciarci in ogni modo, ma saremo sempre lì, con le nostre bandiere e con i nostri sorrisi, con la nostra identità e con la nostra storia. Ci siamo e ci saremo, oggi come ieri.
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