lunedì 13 ottobre 2014

Non uomini ma gregge...

 di Diego Fusaro
La disperazione generale si traduce in condizione religiosa da cui si attende la salvezza. Anziché lottare per rovesciare la condizione che necessita dello sfruttamento e della permanente mortificazione della dignità umana, gli offesi del pianeta, in preda allo stesso cinismo dei dominanti, cercano in ogni modo un’inclusione entro i confini blindati del regime dell’alienazione planetaria.

Li abbiamo visti, pochi giorni fa. Li abbiamo visti perché, come sempre, clero giornalistico e circo mediatico hanno saturato lo spazio dell’informazione con la notizia. Alludo al gregge amorfo di ultimi uomini, adepti della religione della forma MERCE, in coda per acquistare l’i-Phone 6. In coda per ore, in attesa di entrare in possesso dell’agognata merce, ultima frontiera della reificazione in atto.
È quella che, nel mio lavoro “Il futuro è nostro” (Bompiani, 2014), ho qualificato nei termini di “religione della MERCE perfetta”. Di tale religione si sostanzia la civiltà dei consumi con il suo costante rilancio dei desideri gravidi di alienazione: ne scaturiscono scene di ordinaria postmodernità, quale quella del gregge amorfo degli ultimi uomini in coda per l’I-Phone 6. Tutte le passioni individuali vengono depoliticizzate, anestetizzate e impegnate nel culto reificato del raggiungimento sempre differito della merce perfetta, il meglio che il capitalismo possa vendere ai suoi sudditi coatti. Consumo, ergo sum: è questo il macabro motto dell’uomo contemporaneo, rovesciamento dell’adagio cartesiano con cui si era inaugurata la civiltà moderna.
La svolta epocale introdotta dall’avvento della religione del CAPITALE si evince anche dal fatto che la salvezza dall’angoscia e dal dolore di esistere cessa di essere perseguita tramite la via delle religioni tradizionali, come fuga mundi. La sola salvezza possibile, nel tempo dell’Apocalisse economica e del “diluvio universale” della LIQUIDITÀglobale, diventa il consumo smisurato e, dunque, la perdita di sé nell’insensatezza divenuta mondo. Essa pone in essere quella schiavitù del soggetto al potere assoluto dell’oggetto. L’astuzia della produzione risiede nel generare l’illusione che nell’oggetto-merce riposi la possibile salvezza e, insieme, nel fare sì che esso sia caratterizzato da una strutturale vacuità di fondo: l’oggetto-merce si dissolve rapidamente, nell’atto stesso con cui viene consumato. All’I-Phone 3, segue il 4, e poi il 5, il 6, secondo le logiche illogiche del cattivo infinito del fanatismo dell’economia.
In tale maniera, nell’ordine della religione del capitale l’illusione di salvezza è puntualmente vanificata dalla vacuità dell’oggetto e, insieme, risorge sempre da capo uguale a se stessa, in una danse macabre di merci che si estinguono nel consumo per poi risorgere sempre di nuovo.
È su questo circuito perverso che si regge il segreto della liturgia consumistica come ricerca costante di salvezza in un oggetto che continuamente sparisce nel consumo e sempre riappare nella circolazione. L’oggetto-merce, anziché salvare, continua a generare ex novo la circolarità funesta che prometteva di spezzare. Per questo, il godimento che il discorso del capitalista propina è senza soddisfazione.
E mentre questo incantesimo tiene feticisticamente paralizzata l’umanità, in balia dei prodotti della sua mano, la domanda da porsi resa sempre la stessa: perché, anziché battersi per la propria emancipazione, gli uomini lottano per la loro schiavitù? Perché, anziché combattere per rovesciare il sistema dell’alienazione e dello sfruttamento planetari, essi si battono in difesa delle loro stesse catene? Perché, in altri termini, preferiscono la schiavitù alla libertà? Stiamo vivendo – superfluo ricordarlo – nella SOCIETÀ più diseguale della storia: è la società in cui il differenziale di ricchezza e di potere è sempre più marcato e ha per condizione la necessaria miseria di una parte dell’umanità. In questo scenario, ogni pancia vuota dovrebbe costituire un argomento contro il mos oeconomicus egemonico: e, invece, anche al netto dell’ultima sconvolgente crisi, si assiste alla persistenza generalizzata di una folle fede – spesso anche da parte di chi ne trae solo svantaggi – nel sistema dell’irrazionalità dilagante elevata asummum bonum dalle omelie neoliberiste. La disperazione generale si traduce in condizione religiosa da cui si attende la salvezza. Anziché lottare per rovesciare la condizione che necessita dello sfruttamento e della permanente mortificazione della dignità umana, gli offesi del pianeta, in preda allo stesso cinismo dei dominanti, cercano in ogni modo un’inclusione entro i confini blindati del regime dell’alienazione planetaria. Anziché battersi per rovesciare il sistema che li rende sfruttati e disoccupati, alienati e precari, preferiscono mettersi placidamente in coda per acquistare l’I-Phone 6, il meglio che la civiltà dei consumi possa vendere loro.

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