martedì 25 novembre 2014

Anniversario della morte di Yukio Mishima. L’uomo che volle vivere per sempre...

di Giorgio Mari (EreticaMente.net)

Un sibilo, ed il fiore del Giappone si stacca dall’albero della vita. Reciso cadde a terra, bello ed elegante in tutta la sua potenza. Era il 25 Novembre del 1970, l’ultimo samurai, cantore del Giappone imperiale, compì il suo estremo atto d’onore dimostrando al mondo un valore superiore dell’attaccamento alla vita. Lui era Yukio Mishima, l’ultima incarnazione dei figli di Amaterasu.
Poeta, letterato, guerriero, nazionalista. Personalità poliedrica a tutto tondo, la sua azione politico-filosofico-idealista fu sempre tesa a riportare in auge i valori del Giappone antico contro una visione consumistica imposta a suon di bombe atomiche dagli americani. La sua vita, fu sempre un continuo battersi contro quella costituzione del 1947 che di fatto occidentalizzava il Paese nipponico ed esautorava il prestigio dell’imperatore, nonché contro quel trattato di San Francisco umiliante verso la sovranità nazionale e le forze armate.
Lui, che fu sole dello spirito ed acciaio del corpo, non poteva accettare l’imposizione USA. Proprio no. Lui che scrisse “Lezioni spirituali per giovani samurai”, un tripudio di bellissime considerazioni sul tradizionalismo giapponese, non poteva sottostare senza far nulla al diktat americano. Lui che della filosofia dell’azione fu l’incarnazione più totale ed autentica. Lui, che dedicò una vita alla bellezza, alla “forma”, alla sostanza della vita e della morte. Lui, che si inscrisse a pieno titolo in un nichilismo attivo nietzscheano, pronto a trasmutare i valori di una società consumistica, vuota e di plastica. Pronto a sostituire il codice a barre con il codice del Bushido, la via del guerriero. Lui, l’ultimo grande commentatore dell’Hagakure, il libro del samurai per eccellenza. Il libro della sapienza e dell’onore nipponico.
Lui che non esitò a concretizzare le sue idee nel Tate no kai, l’associazione degli scudi. Un ristretto gruppo di pochi uomini addestrati ed educati secondo i più ferrei principi del tradizionalismo nipponico. Un esempio di “meglio gioventù” in un mondo decadente. Una sorta di piccolo esercito personale dello scrittore e uomo d’azione.
Il pensiero. L’idea. L’onore di chi combatte per un ideale, quel 25 Novembre 1970 si fece carne, sangue e spirito. Tutto fu pianificato nella massima freddezza e lucidità. Mishima, insieme ai quattro più stretti membri del Tate no Kai, sequestrarono nel suo ufficio il generale Mashita. Lo scrittore guerriero, sempre più determinato, uscì dal balcone e con esplosività, come un fulmine sceso dal cielo, iniziò a parlare alle forze armate, con un proclama, nel tentativo di sollevarle.
“….Abbiamo visto come il Giappone del dopoguerra per seguire l’infatuazione della prosperità economica, abbia dimenticato i grandi fondamenti della nazione; lo abbiamo visto perdere lo spirito nazionale e correre verso il futuro, senza correggere il presente; lo abbiamo visto piombare nell’ipocrisia e precipitare nel vuoto spirituale….”
L’operazione però, non ebbe l’effetto voluto. Le parole di questo grande uomo non furono recepite da piccoli soldatini ormai troppo assuefatti all’”american way of life”. A questo punto, non restò che compiere il supremo gesto. Lo spirito si staglia sul corpo. In un ultimo atto di onore, il figlio del sole si tolse la vita tramite seppuku, il suicidio rituale del samurai. Dimostrando al mondo intero, la potenza ed il valore di un’idea sopra ogni cosa, sopra la materia. Per l’imperatore. Morì così, all’età di 45 anni, l’ultimo samurai del Giappone rimasto sempre in piedi in mezzo alle rovine. Un uomo d’onore che non fu mai vinto dal suo tempo. Un uomo, che volle vivere per sempre.

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