Niente papaveri rossi per i figli di Derry. Il 25enne James McClean, esterno sinistro del Wigan (seconda serie inglese), ha spiegato in una lettera al presidente del club la scelta di non indossare la maglietta con il poppy ricamato, simbolo dei caduti britannici in guerra.
Unico tra i calciatori della Premier League, McClean si era dissociato dalla commemorazione già nel 2012, quando giocava nel Sunderland: decisione accompagnata da ingiurie e minacce di morte, le stesse che il centrocampista, nativo di Derry in Irlanda del Nord, aveva subito pochi mesi prima per aver accettato la convocazione dell’Eire di Trapattoni agli Europei.
Questa volta il caso ha fatto ancora più rumore, forse perché cade nel centesimo anniversario dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. La tradizione del remembrance poppy, diffusa in tutto il Commonwealth fin dai primi anni Venti, viene rinnovata ogni anno nella seconda domenica di novembre.
Quest’anno i britannici l’hanno celebrata in maniera ancor più solenne, con l’installazione artistica Blood Swept Lands and Seas of Red (“Il sangue spazzò le terre e i mari di rosso”): 888.246 papaveri di ceramica disseminati intorno alla Torre di Londra, in ricordo di ciascuno dei caduti di Sua Maestà nel conflitto del 1914-18.
“Ho assoluto rispetto per coloro che combatterono e morirono in entrambe le guerre mondiali – molti dei quali erano di origini irlandesi” spiega McClean nella sua lettera “ma il poppy ricorda anche le vittime di altri conflitti dal 1945 ed è qui che incomincia il problema per me. Per la gente dell’Irlanda del Nord come me, e in particolare per la gente di Derry, teatro del massacro del Bloody Sunday nel 1972, il poppy è venuto a significare qualcosa di molto differente”.
Le strade di Creggan, il quartiere in cui McClean è nato e ha tirato i primi calci al pallone, conservano nei muri delle case e nei volti degli abitanti i segni di un conflitto che ha insanguinato la terra per oltre trent’anni, proprio come nei versi della poesia che ha dato il titolo alla commemorazione londinese: The blood swept lands and seas of red / Where angels dare to tread.
Da Creggan venivano sei delle 14 vittime inermi del Bloody Sunday, falcidiate dai paracadutisti britannici nel corso di una manifestazione pacifica, e il detenuto politico Mickey Devine, l’ultimo dei dieci hunger strikers immolatisi nello sciopero della fame del 1981.
“A Creggan” continua il nazionale irlandese “o nel Bogside, a Brandywell o nella maggior parte dei posti a Derry, ogni persona vive ancora all’ombra di uno dei giorni più bui della storia d’Irlanda - anche se, come me, è nata quasi 20 anni dopo l’evento. È solo una parte di ciò che siamo, radicata in noi fin dalla nascita”.
Una parte di quell’identità che nemmeno le scuse ufficiali per la strage impunita, presentate da David Cameron dopo trentotto anni di insabbiamenti, hanno fatto dimenticare.
Non c’è odio né spirito di vendetta nelle parole del ragazzo di Creggan, che vale la pena di leggere per intero. C’è invece la consapevolezza di far parte di una storia diversa, di qualcosa che non si può annacquare nella tanto abusata formula della “memoria condivisa”. Senza con ciò negare nemmeno un po’ del rispetto dovuto al sangue e alle lacrime altrui.
James McClean è riuscito a trasmettere tutto questo con parole toccanti e forti, ancor più di un distintivo su una maglia: “Sono molto orgoglioso delle mie origini e semplicemente non posso fare qualcosa che credo sia sbagliato. Nella vita, se sei un uomo devi lottare per ciò in cui credi”.
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