di Mario Bozzi Sentieri (Barbadillo.it)
Era veramente “bella” la destra evocata da Marco Valle (Destra.it), parlando delle recenti alluvioni e ricordando, a questo proposito , le intuizioni di Pino Rauti, che “da destra” tante cose le aveva previste e analizzate, compreso il dissesto idrogeologico nazionale. A cominciare dall’alluvione di Firenze del 1966, quando su “Noi Europa” denunciava, titolando a tutta pagina che “E’ colpa di questo regime se l’Italia cade a pezzi per un’ondata di maltempo” e, dati alla mano, evidenziava la disorganicità degli interventi, il pressapochismo di chi doveva programmare ed intervenire, le giustificazioni, ridicole ieri come oggi, di chi parlava di “catastrofe non prevedibile, di piogge senza precedenti, di eventi naturali di eccezionale ampiezza”. Era il 1966 – si badi bene – 48 anni fa. Niente sembra essere cambiato.
“Il fatto – scriveva Rauti – che abbiamo devastato intere città, province al completo, dimostra solo che in questi ultimi anni non è stato fatto nulla, assolutamente nulla, in materia di dighe, arginature, sistemazione dei loro corsi. I fondi sono andati altrove. Sono stati ‘stornati’ , come si dice, con termine elegante. Sono stati rubati, come diremmo noi”.
Era veramente “bella” quella destra che, partendo dall’orgogliosa adesione “a quei valori superiori, spirituali, la negazione dei quali caratterizza le attuali ideologie sovvertitrici” – come scriveva Rauti presentando la sua ennesima rivista, “Civiltà”, nel 1973 – sapeva misurarsi con la contemporaneità, prefigurando crisi e possibili risposte.
Era la destra che, di congresso in congresso, di documento in documento, di riunione in riunione, pur politicamente accerchiata e discriminata, si interrogava sulle nuove povertà, sui costi di un’urbanizzazione selvaggia e predatoria, sui risultati del relativismo etico diremmo oggi, con le sue battaglie contro l’aborto ed il gap demografico.
Sono un vero “giacimento” da scavare, tanto per usare un’immagine che era cara a Rauti, quando parlava della cultura di destra come una “miniera da scoprire”, i filoni tematici e d’ indirizzo che quell’ambiente riuscì a creare e a proporre, alla ricerca di un modello alternativo alla partitocrazia, al neocapitalismo e all’allora ancora avanzante comunismo. Un giacimento che, fatte le dovute rettifiche del caso, potrebbe ancora essere utile, visto che siamo ancora e sempre a fare i conti con le stesse emergenze, con le stesse debolezze strutturali del nostro Sistema-Paese, con le stesse “alluvioni”, politiche e meteorologiche su cui ci si interrogava cinquant’anni fa.
Abbiamo voluto ricordare alcune esperienze della “bella destra” degli Anni Sessanta- Settanta, per puro spirito nostalgico? Al contrario. La consapevolezza per quelle analisi, per i valori e le idee che le sostenevano, è un invito a guardare avanti, mossi però da una consapevolezza di fondo: o la politica torna ad essere grande e bella, capace cioè di essere anticipatrice e ricca di suggestioni, o essa rischia di morire d’inedia. Da qui un invito a proporre, per chi vorrà, la propria idea della “Bella destra”, di oggi, di ieri e di domani. Una destra – il termine, lo sappiamo, non ci soddisfa – che sappia dare speranza e prospettive.
In fondo, anche dal fango di un’alluvione può nascere un’indicazione politica. Basta saperla e volerla cercare, evitando di farsi travolgere dalla poltiglia.
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