giovedì 15 gennaio 2015

Good bye George...







di Andrea Minciaroni (L'Intellettuale Dissidente)

Sembra passata una vita da quando Henry Kissinger lo definì come: “il mio migliore amico comunista”. La storia di Giorgio Napolitano è come uno di quei film dove il protagonista principale, pur di rimanere vivo in mezzo a degli spietati nemici decisi a farlo fuori, riesce, con grande abilità, a svignarsela diventando amico di tutti e accontentando chiunque riesca a salvarlo anche a costo di perdere la propria dignità. Una storia, quella del “buon” Giorgio, che incarna alla perfezione i vizi – senza le virtù – del nostro paese: la capacità di schierarsi, in base ai momenti e alle occasioni, con il potere di turno: prima fascista, poi comunista, poi atlantista, oggi europeista, domani chissà.  A prescindere da tutte quelle fallimentari iniziative con cui ci ha consegnato all’Europa della Troika, attraverso la geniale idea delle larghe intese, grazie a cui tre presidenti del consiglio si sono seduti a Palazzo Chigi senza passare per le elezioni; la cosa che ci preme sottolineare qui – che non viene ribadita quasi mai – riguarda il fatto che, durante i suoi sette anni di presidenza, l’Italia è riuscita ad aumentare ancora di più il suo asservimento verso quella che forse è stata è sarà per sempre la vera madrepatria di George: gli Stati Uniti d’America.
In questi sette anni abbiamo combinato di tutto: abbiamo bombardato, a discapito delle nostre aziende, quello che fino a pochi mesi prima era un  nostro alleato che piazzava il suo bel tendone a Villa Pamphili, non ci siamo opposti al tentativo di rovesciare Assad e oggi scopriamo improvvisamente che i terroristi ce l’hanno anche con noi, abbiamo approvato le sanzioni economiche verso la Russia nonostante il giro di affari che abbiamo messo in piedi con i nostri imprenditori, e non abbiamo mai condannato i soprusi di Israele verso il popolo palestinese, ma anzi, ci siamo inginocchiati all’altare del più forte senza vergogna. Ultimo ma non ultimo:  il totale disastro diplomatico con l’India per la questione Marò. Sembra ingiusto accusare di tutto questo Giorgio ? Forse. Ma, essendo la nostra non una repubblica parlamentare – questo solo all’apparenza – ma presidenzialista sul modello francese – in modo più ipocrita però perché da noi facciamo credere che conti di più il premier – da un certo punto di vista possiamo dire che sì: se c’è una regia a tutto ciò, quantomeno – per essere buoni – il caro Giorgio ha sempre dato il via libera.
C’è un detto che recita più o meno così: “al peggio non c’è mai fine”. Guardando la storia di NATOlitano – il suo vero nome di battesimo – oggi possiamo tuttavia affermare con certezza una cosa: al peggio non c’è mai fine, è vero, ma sei hai vissuto sette anni in un paese governato dal miglior amico di Kissinger forse ora sei pronto per qualsiasi cosa.

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