di Alessio Mulas (L'Intellettuale Dissidente)
La gioia dei genitori, le lacrime degli amici, le dichiarazioni e controdichiarazioni dei politici, le analisi a caldo dei giornalisti. Che splendido teatrino, per Greta e Vanessa. Vorremmo poterle descrivere come due ragazze ingenue. Ma anche no. E non perché i loro poveri padri le descrivono come «brave, responsabili, non superficiali» – ahimè, un genitore per amor dei figli vivrebbe anche con due coscioni di prosciutto sugli occhi, di quelli con uno strato di grasso così spesso da impedirti di VEDERE la realtà anche oltre il tuo naso. Nemmeno perché le immaginiamo ingannate da una propaganda degna di un Goebbels, tanto da partire zaino in spalla per la Siria, quasi fosse un Erasmus esotico e di beneficenza, insieme a quel Daniele Raineri – altro grullo che passa il tempo a sputare merda sulla verità, quasi fosse un conato di ritorno da coprofago, dalle colonne de Il Foglio.
No. Diremo, senza tradire incertezze, quello che Greta e Vanessa sono state: cooperanti. Le chiamano così, sulla CARTA stampata targata Italia. E cooperato hanno: sì, con i terroristi, i tagliagole, gli assassini. Il cartello nelle loro mani, ritratto in quella foto vista ormai alla nausea, era dedicato «agli eroi di Liwa Shuhada», brigata di ribelli formato da civili siriani, cani da battaglia ben legati al guinzaglio dell’Esercito siriano libero, i cui capi godono della bella vista delle suite degli alberghi a cinque stelle di Istanbul. Altro che ingenue le giovincelle, altro che stupide! Sapevano bene che le immagini dei civili massacrati, che tutti noi conosciamo, sono il prezzo di una guerra infame. I traditori della Patria, nell’Inferno dantesco, subivano la pena immersi nel ghiaccio fino al collo, nel freddo gelido dell’Antenora. Dietro quel cartello, sventolava il tricolore verde-bianco-nero, la falsa bandiera di chi lucra e gioisce della distruzione di un Paese. Alla Siria non si addice il verde di un islamismo omicida e mal politicizzato, quanto il rosso del sangue dei martiri. Martiri che di essa hanno fatto un polo di resistenza contro il vento di un Occidente che tutto distrugge e nulla ricostruisce.
Le istituzioni, all’unisono, si sono compiaciute della liberazione di Greta e Vanessa. Due cittadine italiane che tornano a casa sono una piacevole notizia. È però tempo di risputare quei rospi che vi fecero ingoiare. Il cattivo Assad, le armi chimiche, le stragi, i bombardamenti sui civili, i terroristi di Hezbollah; e poi ancora i combattenti per la libertà, la PRIMAVERA araba, i gentili alleati che aiutano i ribelli, era tutto una serie inesauribile di pallottole di propaganda, sparate dritte dritte contro noi teste di turchi.
Ora sono libere: processatele. Il diritto italiano prevede un reato di associazione per terrorismo internazionale, e il caso dovrebbe rientrare tra questi. Abbracciatele, baciatele, fatele gli auguri, ma poi dritti nella stanzino, con avvocati e inquirenti – senza dimenticare il giornalista Raineri e il fabbro, loro complice, Roberto Andervill. La Procura di Roma aveva aperto un’inchiesta per sequestro di persona a scopo di terrorismo, eppure qui si tratta anche di altro. Tirate le orecchie di Greta e Vanessa, perché sentano meglio la morale della favola: chi di terrore ferisce, di terrore perisce. Due bellissimi versi di Rino Gaetano assicuravano che «la donna di strada è un fatto mitico / se a prezzo politico ci puoi pure sta’». I soldi del riscatto, salvo smentite, sono il «prezzo politico»: due cooperanti più un sacco di menzogne. Prendi tre, paghi 12 (milioni).
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