di Renato Berio (Secolo d'Italia)
È polemica dopo
l’approvazione in consiglio comunale a Pisa di una mozione presentata da
un consigliere del Pdl per intitolare una strada a Giuseppe Niccolai,
già deputato del Msi. “È sbagliato intitolare una strada di Pisa a un
fascista”, afferma, in una nota, l’Istituto storico della Resistenza in
Toscanadefinendo “assai grave la recente decisione del Comune di
intitolare una strada della città a Giuseppe Niccolai, persona e uomo
politico che, con i fatti e con le parole, ha sempre manifestato e
rivendicato il suo orientamento dichiaratamente fascista, prima e dopo
la caduta del regime”. La mozione, che proponeva anche l’intitolazione
di altre strade a due storici esponenti pisani del Pci e della Dc, è
stata approvata con 12 voti a favore su 25 presenti e con i voti
contrari di Sel e Prc, mentre 10 consiglieri (9 dei quali del Pd) si
sono astenuti.
Non è la prima
volta che sulla toponomastica di accendono dispute ideologiche contrarie
a quello spirito di pacificazione che dovrebbe guidare le scelte degli
amministratori e stupisce che ciò sia avvenuto proprio sul nome di Beppe
Niccolai (nato a Pisa nel 1920 e morto nel 1989) che nel Msi fu uno dei
più accaniti paladini del dialogo con gli avversari, fu fortemente
critico con l’anticomunismo anacronistico e fu sempre attento ai temi
sociali. Niccolai aveva alle spalle un’intensa attività parlamentare
(arrivò in Parlamento nel 1968) della quale si ricorda l’impegno nella
commissione antimafia. Dopo due legislature si fece volontariamente da
parte: un esempio solitario che non sarà seguito né nel suo né negli
altri partiti. Niccolai fu anche un giornalista arguto e graffiante sia
quando dirigeva il periodico pisano Il Machiavelli sia sul giornale da
lui fondato L’Eco della Versilia. Sul Secolo d’Italia curava la rubrica
“Il rosso e il nero”. Dapprima amico di Almirante ne diventa oppositore
nel 1984 presentando al congresso un documento che farà da coagulo alla
sua corrente (10% dei consensi interni al Msi). Negli ultimi anni si
era dedicato allo studio della figura di Berto Ricci a partire dalle cui
idee intese impostare la sua battaglia politica. Così spiegava in
un’intervista il suo “amore” per Berto Ricci: “Che fare? Se lo chiedono
tutti. Sono impazzite le bussole. E Berto torna ad essere maestro di
carattere, lui coscienza senza sonno e uomo di viventi e cocenti
passioni. Lui e gli uomini delle tangenti. Questo è il confronto”.
Fu espulso dal
partito per avere presentato alla direzione nazionale del Msi un odg
contro i potentati economici che era l’esatta riproposizione di un
documento del Pci. Poi venne riammesso per la mediazione di Giuseppe
Tatarella. Poco prima di morire sorprese ancora una volta il Msi quando,
mentre infuriavano le proteste per l’arresto di Sofri per il delitto
Calabresi, scese in campo pubblicamente per difendere l’ex-leader di
Lotta Continua, l’uomo cioè che aveva organizzato quella manifestazione
contro un suo comizio che si concluse con la morte del giovane anarchico
Franco Serantini.
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