di Giovanni Arena (L'Intellettuale Dissidente)
La società, quasi senza rendersene conto, subisce l'influenza dei modelli antropologici e sociali proposti ed imposti dai mezzi di comunicazione di massa, fino ad assumerli.
L’essere umano è il prodotto di ciò che vede, di ciò che fa e di ciò che ascolta. In altre parole, esso è profondamente influenzato, nel suo modo di essere, dalla cultura dominante e dai suoi agenti di diffusione. Non è l’uomo a plasmare la cultura, ma è la cultura a modellare l’essere umano a suo
piacimento; così non dovrebbe essere.
La televisione, da strumento di diffusione della cultura, dell’informazione e della conoscenza, si è trasformato nel principale veicolo di trasmissione di una cultura della mediocrità, una mediocrità che passa attraverso la rappresentazione e l’esaltazione di modelli negativi. I protagonisti di molti dei programmi televisivi che ci vengono proposti, quali Uomini e Donne, l’Isola dei Famosi, Amici e tanti altri, rappresentano gli starti culturalmente meno elevati della nostra società. La più totale mancanza di padronanza della lingua italiana, il protagonismo esasperato, l’esigenza di mettersi in mostra, l’ostentazione fiera della maleducazione e l’immancabile utilizzo di un vocabolario volgarmente condito sono le principali caratteristiche degli eroi televisivi moderni. Quel che è peggio è che questo stile, se così può essere definito, non è il risultato inevitabile di una scrematura effettuata dagli ideatori del programma televisivo, ma è il tipo umano e sociale appositamente selezionato per raggiungere il picco degli ascolti. La rappresentazione della mediocrità sociale, della volgarità e dei bisticci dietro le quinte nei quali si celebra il funerale della dignità umana, divertono gli ascoltatori, li tengono incollati davanti allo schermo. Ma il passaggio da un sorriso ironico, ad una risata divertita fino ad arrivare ad un’inconsapevole assunzione ed emulazione di questi modelli comportamentali è rapido e veloce. Improvvisamente, diventiamo tutti “Uomini e Donne”, assumiamo lo stesso tono ed utilizziamo lo stesso linguaggio nella vita reale.
Il secondo grande problema è il messaggio che viene trasmesso. Attraverso il filtro dell’uomo medio, i concetti astratti vengono distorti e stravolti. L’amore, l’amicizia, la lealtà, il successo, l’onore, il disonore. Tutto assume un altro significato, un’altra natura. Amore, dunque, è ciò che scoppia come un Big Bang durante un’uscita tra due perfetti sconosciuti, filmata da dieci telecamere posizionate a venti centimetri dal naso. Meglio ancora se i protagonisti dei reality show appartengono al così detto mondo della trasgressione: pornostar, veline, ex calciatori; possibilmente tutti sufficientemente ignoranti. E mentre si piange di commozione dinnanzi a queste fantasiose rappresentazioni dell’amore, dell’eroismo e della bellezza, il messaggio passa, entra a far parte della nostra concezione del mondo e delle relazioni umane. Attraverso il linguaggio e attraverso lo svuotamento del reale significato dei termini, al fine di riempirli di un nuovo significato o di lasciare vuoto il contenitore, questi nuovi saggi della comunicazione indirizzano le emozioni, i desideri, le aspettative, gli obiettivi ed i comportamenti delle nuove generazioni verso una superficiale sintesi di ciò che è realmente l’essere umano e di ciò che esso è in grado di esprimere attraverso le proprie potenzialità. Tutto questo, naturalmente, vive e sopravvive grazie alla ninfa vitale contenuta in un atteggiamento di plauso e di consenso, e nella scontata convinzione di pensare e decidere nella più totale e sacra libertà.
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