di Renato de Robertis (Barbadillo.it)
Se
Ezra Pound volesse inviare un messaggio agli scrittori del XXI secolo,
cosa scriverebbe sui fogli da lasciar cascare dalle nuvole più alte? Qua
l’azzardo è tanto. Forse scriverebbe un messaggio indirizzato ‘Ai letterati dell’Occidente perduto’. E
prima egli chiarirebbe che gli scrittori contemporanei sembrano in
solitudine sulla terra, in mano agli uomini che vendono arte nei
supermercati.
Il messaggio sarebbe accompagnato dal verso poundiano ‘Nell’alba io sono solo…’ Ma,
nella solitudine, si ripensa alla poesia. Allora, Ezra, da lassù,
chiederebbe di sapere dei romanzieri e dei poeti di questo Occidente
perduto.
Nel suo messaggio immaginario, probabilmente, si potrebbe leggere la frase, “Non vedo in giro un libro sul destino dell’arte”. Quel destino ben contemplato nei ‘Saggi letterari’ di Pound, saggi che, da anni, non vengono aggiornati criticamente.
E in questi testi è possibile scoprire una rotta per navigare nell’oceano della letteratura. Per prova, nel ‘Vorticismo’(1933) Pound scrive che “l’autore
deve usare la sua immagine perché la vede o la sente, non perché egli
pensa di poterla usare per sostenere qualche opinione o qualche sistema…”
Ah, quanti romanzi scritti oggi per essere
usati e senza essere sentiti! Oppure: quante pagine scritte per inseguir
le vendite! E quanti romanzi, scritti in pochi mesi, già falsi eventi
editoriali!
Ed ecco l’attualità magnifica delle seguenti parole, “Artisti, il desiderio di star sulla scena, il desiderio degli applausi non hanno nulla a che fare con l’arte seria” in ‘L’artista serio’ (1913). Ecco che, per questa citazione, il pensiero va agli ‘scrittori che si mostrano’ (Cfr. Giulio Ferroni). Agli scrittori che non sono modelli educativi ma solo ‘modelli scenici’.
Ezra, agli scrittori perduti,
rammenterebbe che le grandi opere sono nate nei decenni; e i grandi
romanzi sono stati scritti perché, storicamente, valeva la loro
creazione artistica,“La bellezza dell’arte ricorda all’uomo ciò che vale la pena di fare” (‘L’artista serio’).
Se qualche pagina svolazzante raggiungesse la
volta celeste, Ezra sobbalzerebbe per le idee di qualche scrittore
contemporaneo. A quel romanziere direbbe che “falsifica sulla natura del suo ideale…” e questo è un peccato ieri come oggi.
Insomma, artisti non mentite più! Uscite dai vostri meccanismi narrativi da fiction!E gridate i vostri ideali! Dimenticate, dunque, l’estetismo degli scrittori che hanno per ‘grande meta’ il filar e sfilar la Seta.
Artisti, il vostro romanzo non sia un guscio vuoto! Ciò invocherebbe il poeta dei Cantos, lo scrittore che cerca la tradizione, la forza dei modelli culturali e il contatto con la nazione occidentale.
E oggi sono pochi i libri che raccontano la
nazione. ‘Bisogna credere nella nazione’ ci sussurrerebbe Pietrangelo
Buttafuoco. Bisogna suggerire agli scrittori di pensare anche alla ‘SALUTE INTELLETTUALE DELLA NAZIONE’, come ammonisce Pound nel saggio ‘Missione dell’insegnante’ (1934) e con… caratteri maiuscoli.
“L’arte cattiva è arte inaccurata” e una letteratura priva di tensioni ideali sarebbe arte inaccurata
per il ‘poeta pisano’. Perciò, la letteratura dei misteri giudiziari
che sta trattando i lettori come ‘spettatori’ affogati nelle retoriche dei crimini, per caso, è arte inaccurata?
Tornare alla selezione onesta delle storie. O tornare al critico onesto che “deve
cominciare col dichiarare che tale e tal altra opera specifica gli
sembra <buona>, <ottima>,<mediocre>, <valida>,
<non valida>”, così tornare agli auspici del saggio ‘Come bisogna leggere’ (1928).
In più. Potrebbe essere vera soddisfazione raccomandare, alloscrittore
che vende duecentomila copie di un suo libro, di non sprecare
l’aggettivazione o di ricordarsi della frase poundiana, ‘Non si adoperi alcuna parola superflua, alcun aggettivo che non riveli qualcosa’ in ‘L’arte della poesia’ (1913).
Qui Pound esprime una sensibilità – si dica
pure – con qualche ‘gradazione’ alla Benedetto Croce; tuttavia, i suoi
saggi sono un gran ripudio del mondo letterario pressappochista.
Un mondo compromesso e mai cambiato. Un mondo in cui prima di
dichiararsi scrittore si dovrebbe aver letto tutto Flaubert, tutto
Stendhal, e tutto Joyce. Nell’orgia comunicativa contemporanea la
lezioni poundiana quindi spinge al recupero critico dell’essenzialità o
della precisione del linguaggio.
“Si adorni bene, o non si adorni del tutto” in ‘Poetry’ (1913).
E questa resta una verità per chi genera scrittura. Per chi,
principalmente, è alla ricerca di ‘esperienze di stile’. La differenza,
tra due romanzi, non sta nella suspence della storia raccontata ma nella ricerca di un linguaggio e di uno stile letterario.
In una realtà affogata dai linguaggi di massa, il pensiero poundiano incita alla ricomparsa dell’ arte di immettere significazione nelle parolein ‘L’arte delle poesia’(1913). Cioè l’arte di scrivere non per ‘moda creativa’, ma per comporre nuovi linguaggi e nuovi romanzi.
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