di Marcello Veneziani
Sì, Presidente Napolitano, ha ragione, l'Europa deve cambiare rotta. Ma
deve cambiare anche meta. Quest'Europa non funziona così come è stata
congegnata. No, non fraintendete. La soluzione non è uscire dall'Europa,
ma entrare finalmente in Europa. Non sto pazziando. La soluzione non è
barricarsi negli Stati nazionali, sognare l'autarchia e gridare
l'antieuropa. La vera scommessa è invece rifare l'Europa sul serio,
ovvero fondarla come soggetto politico, militare, sociale, culturale
coeso rispetto all'esterno e libero al suo interno. Il contrario di quel
che è oggi l'Europa, un continente di latta rispetto all'esterno e una
caserma di piombo rispetto ai suoi popoli e ai suoi cittadini.
L'Unione europea di oggi è incapace di una sua politica estera, di una
politica protettiva rispetto all'esterno, anche protezionistica, se
occorre; è incapace di una politica unitaria davanti all'immigrazione, è
fragile e divisa rispetto alle crisi internazionali e alle turbolenze
mediterranee; è incapace di sfidare l'egemonia statunitense, di arginare
l'offensiva cinese, di frenare la minaccia islamica e di riconoscere la
sua matrice mediterranea; è priva di una sua forza militare unita, è
senza un governo politico eletto dai cittadini, magari dopo un
referendum costitutivo del sovrano popolo europeo, dimentica le sue
radici e la sua civiltà. In compenso è oppressiva al suo interno
mediante i diktat agli Stati, i rigidi parametri e le tirannie
economico-finanziarie; è un'Europa ferocemente astratta, come la finanza
speculativa, preoccupata della contabilità e non della vita reale dei
popoli e delle famiglie. Il razzismo imperante si chiama rating, come le
omonime agenzie.
Quest'Europa è complice e succube del colpo di stato contro i popoli
europei, ben documentato da Luciano Gallino nel suo libro omonimo uscito
in questi giorni. Patisce il debito sovrano, l'unica sovranità che
riconosce e che coincide con la sua schiavitù. Non crediamo ai
complotti, come ora scrive perfino la Repubblica, ma vorremmo credere
all'Europa, non ai suoi spettri. C'erano due modi di fare l'Europa: uno
era concepirla come dis-integrazione delle patrie e degli Stati
nazionali, l'altro era intenderla come integrazione delle patrie e degli
Stati nazionali. Il primo nasceva come domanda di globalizzazione e
gradino verso di essa, il secondo sorgeva come risposta alla
globalizzazione e argine rispetto a essa. Si scelse la prima via e
questi sono i risultati. Oggi ci vorrebbe un movimento non anti-europeo,
ma pro-Europa, passando dai popoli, gli Stati e le patrie e non contro i
popoli, gli Stati e le patrie. La nostra Europa, libera dentro i suoi
assetti e unita rispetto al mondo.
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