di Francesco Filipazzi (Barbadillo.it)
Il 29 dicembre 1890 si chiudeva la storia degli Indiani d’America,
con il massacro di Wounded Knee. Una civiltà sterminata dai
colonizzatori provenienti dall’Europa nel corso di lunghi massacri e
prevaricazioni. Pochi conoscono nel dettaglio le vicende che portarono
alla cancellazione dei “pellerossa” e nomi come Sand Creek e Wounded
Knee non richiamano nulla alla mente. Questo ragionamento venne fatto
probabilmente da Dee Brown, bibliotecario e poi professore
all’università dell’Illinois, che nel 1970 pubblicò il successo
editoriale “Seppellite il mio cuore a Wounded Knee”
(Bury my Heart at Wounded Knee) in cui ripercorre la storia coloniale
del nord America fra il 1860 e il 1890, un’epoca di “violenza, rapacità,
audacia, sentimentalismo, sfrenata esuberanza, caratterizzata da un
atteggiamento quasi reverenziale verso l’ideale di libertà personale di
coloro che già la possedevano”, recita l’introduzione, in cui l’autore
spiega di aver raccolto le testimonianze e le documentazioni degli
indiani, per parlare della conquista del West dal punto di vista di chi
l’ha subita.
Fra le pagine incontriamo quindi le tribù native, come i
Sioux e i Navaho, assieme ai nomi di capi leggendari come Alce Nero e
Nuvola Rossa. La storia di un popolo che ha combattuto
strenuamente per la propria terra, la loro terra, che l’uomo bianco si è
preso con la forza senza averne diritto, sterminando i bisonti per
togliere il primario sostentamento a chi vi abitava, uccidendo uomini
donne e bambini. Nelle frasi dei capi indiani troviamo la saggezza e la
fierezza di una civiltà che abitava il continente americano da migliaia
di anni e che è stata chiusa nelle riserve, subendo un’ingiustizia senza
precedenti.
Un lunghissimo resoconto, fatto di date, descrizioni storiche
e frasi pronunciate dagli stessi indiani, di cui si riescono coglier
alcuni tratti distintivi. Essi non erano un popolo unico, come
ad esempio gli Aztechi, ma un insieme di tribù, con alcuni tratti
comuni, inseriti in un contesto che li rendeva un’unica nazione, anche
se forse prima dell’arrivo delle navi e della polvere da sparo non ne
erano consapevoli. Quello dei nativi americani era un mondo tradizionale
e dimostrazione ne è l’ultima frase del libro, in cui Alce Nero per
simboleggiare la fine della Nazione parla di un cerchio senza più
centro, utilizzando una figura comune alla Tradizione indoeuropea*.
Un mondo ricco che purtroppo non esiste più e di cui abbiamo poche vestigia, uomini forti e saggi caduti ma invitti. Uomini già morti, Wovoca ha visto che saran risorti.
*Per approfondimento sulla simbologia del centro e i centri spirituali, cfr René Guénon, Il Re Del Mondo.
Nessun commento:
Posta un commento