di Marcello Veneziani
Nella giostra dei poteri volanti, tra i seggiolini che orbitano all'impazzata, le Regioni hanno acchiappato il trofeo dell'eterologa. Tocca a loro, chissà perché, occuparsi di Regioni Intime, e dunque stabilire come avverrà la fecondazione artificiale, come si useranno i gameti dei donatori. Non tornerò sul tema anche se continuo a contestarne il principio ispiratore che - per dirlo in sintesi - abolisce il padre e lo sostituisce col padrone, perché i genitori non si limiteranno a volere un figlio ma dopo aver sostituito Madre Natura, decideranno alcune fattezze del nascituro, programmandolo secondo i loro tratti esteriori.
Non mi pare fuori luogo l'obiezione che la Chiesa rivolge alla legge, di creare pericolosi precedenti per una selezione genetica. Non siamo al razzismo ma alla sua anticamera. La cosa che trovo più assurda, e per certi versi raccapricciante, è la decisione assunta dalle Regioni secondo cui i figli dell'eterologa devono avere però il colore della pelle, degli occhi e dei capelli dei loro genitori. Lo trovo veramente grottesco. Non conta il legame biologico e spirituale con i genitori, non conta che il figlio erediti i suoi caratteri, in compenso c'è questa concessione apparente, esteriore, epidermica: avrà lo stesso colore della pelle. Che superficialità, è come coordinare la cintura con la borsa, mi raccomando che sia della stessa pelle. L'anima non conta, la pelle sì. E no, a questo punto, prendete quello che vi viene, nero, giallo o mixato. Magari poi lo coordinate coi vostri vestiti...
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