di David Taglieri
“Il Padre Libertà
Dono” (Edizioni Ares, pagg. 185) è l’ultima fatica dello psicoanalista
junghiano Claudio Risè, collaboratore del “Mattino” di Napoli e del
“Giornale”.
Il saggio
sintetizza il contenuto, la morale e la logica dei precedenti libri, ma
con un piglio maggiormente legato alle tematiche dell’attualità,
contestualizzando il Padre oggi, con l’obiettivo di recuperare la sua
funzione tanto bistrattata dalla modernità.
L’Occidente in 40
anni ha voluto avvilire, deformare e deprimere il concetto di
paternità, laddove è essenziale e vitale invece il suo reingresso -e
dalla porta principale- nella scena sociale.
Serve il Padre, che
si differenzi da una Madre: questa accoglie il bimbo nel grembo e lo
accompagna nella vita di tutti i giorni con dolcezza, ma il Padre dà la
direzione, lo introduce nel Mondo, lo guida all’esistenza, gli fa
comprendere che la vita stessa è anche dolore e perdita, non escluso il
fallimento.
La “ferita” tempra
la pelle; il piccolo uomo, o la piccola donna, impara a combattere e a
lottare per la vittoria; ogni giorno sarà una sfida, ogni ora la
possibilità di far centro o di fallire. Il limite esiste, quel limite
che il dogma della società iper-tecnologica e dell’omologazione intende
sopprimere, come vuole sopprimere la vita umana.
La legislazione
sull’aborto, per esempio, penalizza gli uomini in tutti i casi: perfino
la richiesta del parere al padre in Italia è subordinata
all’autorizzazione della madre. E negli altri Paesi europei la
situazione non è migliore. Nella cineteca personale in questo senso non
può mancare Kramer contro Kramer, con un grandissimo Dustin Hoffman nei
panni di un padre responsabile e bistrattato.
Il padre sulla
terra richiama quello in Alto, ma in questa epoca si è voluto abolire e
rendere politicamente scorretto lo stesso linguaggio: la Norma è da
condannare, la gerarchia da deridere, l’autorità da sbeffeggiare…
Quel 1968 fu l’anno
nel quale le conseguenze superarono le cause. Se prima non andavano
bene formalismi eccessivi e severità fine a se stessa, si è poi passati
da un estremo all’altro. Serve equilibrio e Risè ci dice che il Padre è
quello che orienta ed equilibra l’attività del figlio: certo non tutti i
padri sono uguali, ma stracciando la figura paterna e facendo di tutta
un’erba un fascio si rende un pessimo servizio. Il bimbo ha bisogno di
un Padre e di una Madre e delle due differenti specificità, che sono
complementari e formano l’uomo nel cammino futuro.
Da psicoanalista
Risè mette in evidenza come tanti disagi psichici provengano da lontano,
in quella infanzia dove la figura del Padre è mancata. Molte
depressioni in Italia -è dimostrato- nascono nei giovani a causa
dell’assenza del Padre.
Il Padre che
insegna a essere uomini, l’essere se stessi e dare il tutto per tutto
come in una finale, sapendo che la partita può cambiare da un momento
all’altro, ma l’individuo con altri uomini, nella relazionalità, deve
saper fare squadra e comunque dare il suo apporto.
E ancora le crisi
familiari, che nascono dalla rottura dei legami, tanto dileggiati dai
media, perché il temporaneo-provvisorio piace alla gente che piace,
mentre il duraturo crea “imbarazzi”. Il modello normativo maschile è in
crisi perché le caratteristiche di quel mondo sono state gradualmente e
violentemente scardinate da certi film, dalle canzoni, dalle notizie e
da coloro che fanno opinione, i cosiddetti opinion makers.
Risè è firmatario del “Documento per il Padre” insieme ad altri illustri intellettuali come Stefano Zecchi (cfr.: www.claudiorise.it ), proprio in difesa dei padri abbandonati dalla società.
Con la prefazione
di Pietro Barcellona, questo saggio è l’occasione per approfondire un
cavallo di battaglia di Risè, il padre di quaggiù per risalire verso il
Padre Alto. L’immagine in copertina del papà che solleva il bimbo in
alto è già una bella presentazione. Forse bisogna ripartire proprio da
lì…
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