di Gabriele Adinolfi
Il 17 giugno 1974 nella sede del Msi di Padova aveva luogo la duplice
esecuzione dei militanti Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola.
Un'esecuzione a freddo ad opera di un commando delle Brigate Rosse
commesso apparentemente senza ragione.
Se leggiamo altrimenti quel duplice omicidio scopriamo che fu il frutto
di un golpe interno alle BR da parte di chi intendeva spingerle sulla
via del sangue e della tensione in contrasto con i suoi fondatori.
A maggio i golpisti interni avevano votato per l'eliminazione del
giudice Mario Sossi, ma i leader storici, Curcio e Franceschini,
avevano vinto il braccio di ferro e lo avevano rilasciato il 23 dopo
poco più di un mese di prigionia. Cinque giorni dopo, il 28, l'ala
golpista interna delle BR aveva allora proceduto all'innalzamento della
tensione mediante la strage di piazza della Loggia a Brescia.
Il ministro dell'interno di allora, il partigiano Taviani, capo
operativo della Gladio, aveva però immediatamente impedito alla Questura
di proseguire le indagini nella giusta direzione; una serie di
depistaggi contro i fascisti, opera dei carabinieri, avrebbe subito
disinnescato politicamente l'effetto voluto dagli esecutori della strage
di Brescia.
Uccidere qualche fascista – cosa ben più confessabile di una strage in
un comizio sindacale - avrebbe però conseguito il risultato del
“passaggio del Rubicone” per la lotta armata rossa; nessuno poteva
infatti biasimare l'assassinio di un paio di fascisti che non avevano
alcun diritto di vivere secondo la sindrome dell'ideologia dell'odio
proprio agli individui inferiori.
Sicché, silenziata Brescia, Padova avrebbe inchiodato i vertici
costretti ad accettare il fatto compiuto e a familiarizzarsi con azioni
meno romantiche e più cruente. Così, senza che potessero immaginarne la
ragione, Giralucci e Mazzola vennero letteralmente abbattuti per
consentire una svolta nelle BR contro i suoi vertici.
Vertici che di lì a poco (l'8 settembre a Pinerolo) sarebbero stati
catturati e neutralizzati dai carabinieri del nucleo speciale di Dalla
Chiesa, costituitosi proprio durante il sequestro Sossi. Mario Moretti,
il luogotenente dei registi del golpe interno, sarebbe stato intanto
avvertito telefonicamente da un carabiniere e non si sarebbe recato
all'appuntamento con gli altri dirigenti delle BR.
Così si ritrovò tutto in mano e lo gestì come meglio garbava ai suoi
superiori e a quegli alleati strani cui non aveva detto di no (il Mossad
e i suoi amici tra carabinieri e in massoneria).
Si moriva anche così e per queste ragioni. C'era gente allora così
depravata e amorale che poteva commettere azioni di questo tipo e di
questa portata. C'è di nuovo e oggi ha ripreso pienamente il potere.
Anche per questo non dobbiamo dimenticare nulla e nessuno.
Non solo il cuore in quel duplice Presente!
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