di Priscilla del Ninno (Secolo d'Italia)
Questo film non
s’ha da fare. È stato questo l’anatema scagliato contro Il segreto, del
regista padovano Antonello Belluco, professionista che ha all’attivo un
curriculum di tutto rispetto, che va dall’impegno registico per Radio 2 e
Rai 3, alla realizzazione del film Antonio guerriero di Dio, e poi di
spot e filmati per marchi più che celebri, fino alla produzione di
audiovisivi, documentari e inchieste.
Il motivo del
sabotaggio? Semplicemente la scelta della storia da raccontare, o
meglio, della verità storica su cui puntare i riflettori: l’eccidio
perpetrato nel ’45 da alcune formazioni partigiane a danno di militari e
civili fascisti (o presunti tali). Una mattanza di cui ancora oggi
sfuggono i contorni effettivi. Una strage tra le più cruente della
storia bellica nazionale, compiuta in un’unica località a guerra già
finita, a guerra finita con vincitori e vinti già proclamati, quando le
armi e le ostilità intestine avrebbero dovute essere già deposte, in un
arco temporale che va dal 29 aprile alla metà di maggio, (forse anche
dopo): nessuno può stabilire con precisione la cornice di sangue che
delimita l’esecuzione sommaria di un numero compreso tra 114 e 136
vittime, tra militi della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), delle
Brigate Nere (BN), e semplici cittadini.
Così come nessuno
ha mai stabilito la contabilità esatta della mattanza: c’è chi parla di
136 vittime, chi di 168, chi di 365, chi addirittura, in base a un
documento dell’arcidiocesi di Ravenna-Cervia, ipotizza la sconcertante
cifra di 900 morti. Un numero imprecisato di corpi straziati, non tutti
recuperati dalle fosse comuni, che accredita i contorni numerici della
strage solo sulla base di quelli identificati, (ne furono riconosciuti
con certezza 114), e che ancora oggi indigna per l’efferatezza delle
esecuzioni: le vittime furono trucidate per vendetta, seviziate,
umiliate e poi trucidate. Di molti di loro ha scritto Giampaolo Pansa ne
Il sangue dei vinti. Di moltissimi altri si continua a non sapere nulla
perché quella pagina feroce delle stragi partigiane nell’Italia
liberata rappresenta ancora oggi un tabù difficile da affrontare e
metabolizzare. Se ne è reso conto Renzo Martinelli ai tempi delle
riprese, e della distribuzione, di Porzùs, di cui addirittura si arrivò a
chiedere il ritiro dalle sale.
Se ne è reso conto
Belluco, dal 2011 alle prese con la lavorazione travagliata de Il
segreto, di cui ultimerà le riprese a luglio. Che spera di finire di
montare entro dicembre. Che si augura di riuscire a distribuire. Una
lavorazione funestata da mille pressioni e da disponibilità ritirate,
condizionata già dopo i primi ciak da una concatenazione di eventi
negativi, difficilmente riconducibili al caso: la rinuncia del
produttore, il dietrofront degli sponsor, i contributi ministeriali e
regionali che sfumano, le promesse disattese da collezionisti e addetti
ai lavori che avevano garantito di mettere a disposizione materiale
bellico e costumi d’epoca, le diffide legali piovute sulla
sceneggiatura.
Unica luce in fondo
a un tunnel nero, la partecipazione al film di Romina Power, tra i
protagonisti del plot. Progetto tormentato su cui l’attrice e cantante
ha scelto di scommettere a dispetto di tutto e tutti, per tornare
davanti alla macchina da presa dopo un lunghissimo periodo di assenza
dal set.
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