di Priscilla del Ninno (Secolo d'Italia)
Sessant’anni fa la
Primavera tedesca: la prima autentica primavera europea. La prima volta
in cui l’Occidente vide cittadini, giovani operai tedeschi, non armati
di ideologia, affrontare a sassate i carri armati. Un’immagine che molti
anni dopo, nel 1989, sarebbe stata replicata da quegli scatti in piazza
Tienanmen, entrati di diritto nell’immaginario collettivo: le
istantanee di quello che sarebbe passato alla storia come il “Rivoltoso
sconosciuto”, che a mani nude si oppone al passaggio di un plotone di
cingolati, divenendo da quell’istante il simbolo universale della lotta
alla dittatura.
Una protesta che in
quel caso animò un’altra insurrezione popolare: quella archiviata dalla
storia come la Primavera democratica cinese, culminata nella protesta
della celebre piazza di Pechino, datata – guarda caso – 5 giugno. Anche
allora, mentre il mondo si inchinava al coraggio eroico di
quell’identità anonima, eppure conosciutissima, in pochi sapevano che
quello a cui si stava assistendo in diretta tv era un film già visto
quasi quarant’anni prima: a Berlino, Potsdam, Dresda, Lipsia, Halle,
Magdeburgo, Goerlitz; in tutti i centri industriali e nelle grandi città
di quella Germania dell’est che, tra il giugno e il luglio del 1953,
vide trasformare quello che inizialmente era uno sciopero di operai
edili che protestavano contro l’aumento delle quote di lavoro, e il
rischio di un taglio di stipendio, in una rivolta contro il governo
della Ddr e quindi di Mosca, scatenando a lanci di sassi la prima
ribellione contro il regime comunista dell’ex Repubblica democratica
tedesca.
Una contestazione
avvenuta tre anni prima della più nota rivolta d’Ungheria, e ben 15 anni
prima della ancor più celebre Primavera di Praga: tutti eventi, come è
notorio, ciclicamente sublimati in omaggi e commemorazioni, su cui sono
stati versati fiumi d’inchiostro, e a cui sono state dedicate molteplici
rivisitazioni cinematografiche, oltreché ricorrenze puntualmente nel
calendario delle celebrazioni istituzionali. Al contrario di quanto
accade da decenni a questa parte per i moti operai tedeschi dell’ex Ddr,
a cui la memoria storica ha messo colpevolmente la sordina. Anche
questo sessantesimo anniversario, allora, è passato quasi inosservato,
snobbato dalla stampa internazionale, malgrado la cancelliera tedesca
Angela Merkel – cresciuta nell’ex Germania orientale – abbia reso
omaggio alle vittime di quella rivolta operaia, (fonti ufficiali parlano
di più di 50 morti, altre di 125, oltre che di 15000 arresti),
schiacciata con la forza dai soliti carri armati sovietici il 17 giugno
del 1953. «Una data indimenticabile – ha detto il capo del governo nel
corso di una cerimonia a Berlino – e una tappa significativa della
storia tedesca».
Eppure, nonostante
le dichiarazioni ufficiali e l’inaugurazione di ieri nella capitale
tedesca di una “Piazza della rivolta popolare del 1953”, in uno dei
punti caldi di quella storica ribellione, il presidente Joachim Gauck,
in un discorso al Bundestag ha rivolto un appello affinché gli eventi e i
protagonisti di quei giorni del ’53 trovino un «posto» nella memoria
dei tedeschi. Un «posto nella memoria collettiva» della Germania
riunificata dedicato alle centinaia di cittadini dell’est insorti,
vittime della dittatura comunista, prima e dopo i fatti di quel 17
giugno.
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