di Giacomo Petrella (Barbadillo.it)
La sensazione è quella di stare sul Titanic. Non in prima classe, della quale sopravvisse il 60% dei passeggeri, non in seconda, dove se ne salvò il 40%, ma come viaggiatori di terza: per intenderci, tre morti ogni quattro biglietti.
Il macabro paragone serve a fare il punto sulla crisi economica
italiana: in sintesi, della terza classe, non frega niente a nessuno. Il
che non significa riferirsi ad una classe economica precisa, quanto ad
una classe generazionale, ad una coorte di nati in un periodo storico
preciso, quello degli anni ’80 e ’90, guarda caso noto
per il costante accrescimento del debito pubblico italiano accompagnato
dalla contemporanea cessione delle prerogative politiche di sovranità
nazionale.
La Generazione Titanic possiede caratteristiche precise:
eterno precariato, disparità salariale intergenerazionale, uniformità
salariale, disparità formazione-funzione, impossibilità di accesso al
credito, pressione sociale.
Facile entrare nel dettaglio: il precariato non ha nulla a
che vedere con la regolamentazione del mercato del lavoro, ma
rappresenta ormai da tempo la tipica barriera monopolistica; il lavoro è una risorsa e come tale, in tempi di scarsità, esso è stato blindato. La
disparità salariale è una diretta conseguenza del fatto precedente: una
blindatura in entrata comporta una blindatura economica, che si tramuta
per la terza classe del Titanic in un profitto obbligatoriamente
inferiore. Tale profitto viene uniformato, si parla infatti di
generazione a mille euro, sia per ripartire un’allocazione scarsa di
risorse, sia per corroborare l’adattamento al controllo sociale (a lungo
andare ci si convince dell’equità dell’operazione).
In questo contesto non serve premiare chi è più preparato: sparisce un elemento essenziale del mercato, laddove ogni titolo di studio o capacità personale non può essere premiata. L’impossibilità
dell’accesso al credito crea poi uno stato di perenne necessità e
dipendenza in grado di bloccare ogni spinta alla crescita.
La Generazione Titanic si trova, infine, a subire la fortissima
pressione sociale tipica del “ciclo cosmico”: non essendo presente in
occidente alcun meccanismo di responsabilità e punizione per le scelte
collettive degli anni precedenti e delle generazioni ancora al potere, i trentenni di oggi accettano passivamente perifrasi funzionali come “la sfida della globalizzazione”.
Chi per età possiede il biglietto di terza classe vive quello
che Marine Le Pen ha meravigliosamente descritto come il comunismo
dell’Unione Europea. Un comunismo nato per difendere gli errori
dei padri e gettarli sulle spalle dei figli, così come nel 2008 il
sistema bancario americano ha saputo scaricare sui Pigs i propri
conclamati default.
Mentre la nave affonda c’è chi continua a bere champagne, sicuro di avere i mezzi per potersi salvare: ne è certo avendo creato il
peggiore dei totalitarismi, quello architettato contro il proprio
sangue, dopo aver venduto, anzi svenduto, le ultime scialuppe di
salvataggio del ponte senza voce.
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