venerdì 23 agosto 2013

La “Generazione Titanic”: i giovani schiacciati tra eurostrozzini e globalizzazione...

 di Giacomo Petrella (Barbadillo.it)

La sensazione è quella di stare sul Titanic. Non in prima classe, della quale sopravvisse il 60% dei passeggeri, non in seconda, dove se ne salvò il 40%, ma come viaggiatori di terza: per intenderci, tre morti ogni quattro biglietti. Il macabro paragone serve a fare il punto sulla crisi economica italiana: in sintesi, della terza classe, non frega niente a nessuno. Il che non significa riferirsi ad una classe economica precisa, quanto ad una classe generazionale, ad una coorte di nati in un periodo storico preciso, quello degli anni ’80 e ’90, guarda caso noto per il costante accrescimento del debito pubblico italiano accompagnato dalla contemporanea cessione delle prerogative politiche di sovranità nazionale.


La Generazione Titanic possiede caratteristiche precise: eterno precariato, disparità salariale intergenerazionale, uniformità salariale, disparità formazione-funzione, impossibilità di accesso al credito, pressione sociale.
Facile entrare nel dettaglio: il precariato non ha nulla a che vedere con la regolamentazione del mercato del lavoro, ma rappresenta ormai da tempo la tipica barriera monopolistica; il lavoro è una risorsa e come tale, in tempi di scarsità, esso è stato blindato. La disparità salariale è una diretta conseguenza del fatto precedente: una blindatura in entrata comporta una blindatura economica, che si tramuta per la terza classe del Titanic in un profitto obbligatoriamente inferiore. Tale profitto viene uniformato, si parla infatti di generazione a mille euro, sia per ripartire un’allocazione scarsa di risorse, sia per corroborare l’adattamento al controllo sociale (a lungo andare ci si convince dell’equità dell’operazione).


In questo contesto non serve premiare chi è più preparato: sparisce un elemento essenziale del mercato, laddove ogni titolo di studio o capacità personale non può essere premiata. L’impossibilità dell’accesso al credito crea poi uno stato di perenne necessità e dipendenza in grado di bloccare ogni spinta alla crescita.
La Generazione Titanic si trova, infine, a subire la fortissima pressione sociale tipica del “ciclo cosmico”: non essendo presente in occidente alcun meccanismo di responsabilità e punizione per le scelte collettive degli anni precedenti e delle generazioni ancora al potere, i trentenni  di oggi accettano passivamente perifrasi funzionali come “la sfida della globalizzazione”.
Chi per età possiede il biglietto di terza classe vive quello che Marine Le Pen ha meravigliosamente descritto come il comunismo dell’Unione Europea. Un comunismo nato per difendere gli errori dei padri e  gettarli sulle spalle dei figli, così come nel 2008 il sistema bancario americano ha saputo scaricare sui Pigs i propri conclamati default.
Mentre la nave affonda c’è chi continua a bere champagne, sicuro di avere i mezzi per potersi salvare: ne è certo avendo creato il peggiore dei totalitarismi, quello architettato contro il proprio sangue, dopo aver venduto, anzi svenduto, le ultime scialuppe di salvataggio del ponte senza voce.

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