giovedì 29 agosto 2013

La “Rivolta” rivive con il linguaggio dell’arte e della cultura...

di Mario Vattani

Dal Tramonto all’Alba, per rivivere la “Rivolta”. Oggi Tradizione, cameratismo e lotta vanno vissuti con il linguaggio appassionante dell’arte e della cultura.

 
Rientrato dall’Oriente, mi preparo a tornarci ancora una volta, e stavolta il passaggio fa riemergere ricordi di letture mal lette, interpretazioni male intuite, intuizioni male interpretate. Oppure non si tratta di una maturazione personale, ma semplicemente dei segni dei tempi, che sono divenuti ormai molto più visibili. Come diventano visibili, in modo sempre più prepotente, i segni di una malattia che finora era in stato di incubazione. E forse oggi non ci sono né interventi di medicina sociale, né di cosmesi politica, per nascondere i segni dei tempi.


Di quelle letture mal lette – o forse lette troppo presto – mi accorgo ora che un elemento chiave è rimasto in posizione, come le grosse lampade rosse che restano accese in fondo a ogni corridoio di Tokyo quando scatta l’allarme-terremoto: è la stretta connessione tra i segni dei tempi e la “Rivolta contro il mondo moderno”.

Confesso che non ho mai troppo amato il titolo di quel volume. Era una questione di vocabolario. Sapeva di vecchio e noioso, polveroso; mentre il mondo moderno mi piaceva e mi divertiva. Ma al di là del titolo, quello che mi attraeva era invece il concetto di ribellione delle forze della tradizione, contro quelle che intendevano sovvertire la natura. La interpretavo come una rivolta della verità contro l’ipocrisia. Era una ribellione giusta. Credo lo sia tuttora.


Tra le particolarità che contraddistinguono il variegato campo dei ribelli, vi è la presenza di un gran numero di persone che interpretano la propria attività politica – o dovrei dire vita politica – in modo totalmente slegato dal numero di elettori che si riesce a mobilitare attorno alle idee. Ancora oggi coloro che si trovano su quel fronte, vi si trovano in base ad una scelta di vita, che non dipende da valutazioni di ordine politico-elettorale. Così attraverso cammini molto diversi, con percorsi culturali per nulla simili, e sempre rifiutando le strade più facili e convenienti, molte persone si sono trovate unite da un concetto di “cameratismo”, da una scelta comune di sposare ideali e valori che tendono a una crescita anche spirituale, e si esprimono nel concetto di lotta.


Ora mi preparo a tornare a Oriente dove non è strano concepire che la lotta, il conflitto tra due opposte volontà, è – mi si perdoni una breve raffica di maiuscole – la base del movimento delle stagioni del Mondo. Che esse siano quelle della Natura, o degli Uomini, che chiamiamo Storia, nulla cambia. E in quel passaggio da Ovest a Est, lungo l’asse orizzontale tra il tramonto e l’alba, tutto è più selvaggiamente libero, molto meno fumoso e variabile di quanto non lo sia sull’asse verticale, che unisce la terra e il cielo. Tutto più selvaggiamente libero e pericoloso perché affoga come l’acqua e brucia come il fuoco, quindi poche chiacchiere: la storia del mondo è quella di un conflitto tra le forze del Resistere e quelle del Trasformare.


E’ una lotta che attraversa i secoli, le barriere geografiche, le frontiere nazionali, le razze e le culture. Chi sceglie di prendervi parte fa bene a tener presente che questa è una lotta anche interiore, che supera ogni tempo e ogni confine.


Che si tratti di lotta per la Patria o di lotta per il Popolo, di lotta per gli ideali di giustizia, coraggio e coerenza, che si tratti di difendere i deboli e combattere i forti, sono tutti valori questi, che fanno parte di una sorta di decalogo e di linea di comportamento, di stile, che contraddistinguono chi sceglie di unirsi alle file dei ribelli.


Queste persone sono unite da ideali, comportamenti e un vocabolario che diverge poco da comunità a comunità, e fanno sì che esista un sodalizio implicito e permanente. Questa è una grande ricchezza.
Siamo in un periodo di pigrizia e indifferenza mentale, fisica e politica. L’influenza pervasiva della rete interattiva e dei social network ha rapito intere generazioni dalla vita reale e le ha relegate di fronte allo schermo di un computer. Il successo del M5S è la prova di questa regressione: un’associazione di persone la cui attività politica è segnata dal ticchettio di una tastiera di plastica, ottiene il 25% dei voti e si ritrova oggi a influenzare, anche se solo parzialmente, la situazione politica nazionale.


Il guscio partitico si è rivelato una struttura fragile, che da una parte resiste male alle nuove sollecitazioni imposte dalla società moderna e globalizzata, e dall’altra non può sperare di raggiungere percentuali paragonabili a quelle dei grandi “partiti contenitore”.


Ciò non vale per una struttura militante e movimentista, formula elastica e adatta al nuovo contesto che si sta rapidamente sviluppando in questi anni. Non vale nemmeno per un corpo ribelle che segue innanzitutto regole di comportamento di tipo personale, per poi applicarle alla vita quotidiana. Un corpo ribelle che assume le proprie responsabilità, opera nella società, negli uffici, nelle imprese, e paradossalmente è più simile a quelle forme di aggregazione (sportivo, religioso, spirituale, culturale..) che dimostrano di godere di maggior margine di azione nel nuovo contesto della società interconnessa e interdipendente.


La lotta delle forze del Resistere contro quelle della Trasformazione ha attraversato i secoli. Per questo è inutile perdere tempo oggi a reinterpretare la Storia attraverso quella lente. Meglio pensare al mondo in cui viviamo oggi, applicando alle notizie quotidiane, all’attualità, una nostra, personale chiave di lettura: tra costoro, chi è il ribelle che resiste?


La sfida oggi è quella di riunire, ma soprattutto di formare, attorno a ideali chiave, e con una comunicazione moderna, che si esprima attraverso il linguaggio appassionante dell’arte e della cultura, una ricca e variegata comunità nazionale. Questo significa rifondare i concetti di appartenenza e cameratismo molto al di là delle formazioni partitiche.


L’obiettivo è restituire all’Italia un corpo di persone – riconosciuto e riconoscibile – che, ognuna nel suo settore, secondo le proprie aspirazioni e la propria professionalità, saprà seguire i propri ideali a vantaggio della Nazione, e facendo questo darà l’esempio. Significherà ridare alla nostra società civile una comunità che si distingue per i propri valori, per la propria coerenza, per la propria originalità e creatività, e che sappia dare il suo contributo, anche in termini di contenuti, quando si profilano i grandi appuntamenti politici nazionali.

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