di Antonio Pannullo (Secolo d'Italia)
Quando si dice lavarsene le mani. La Corte di Strasburgo ha scritto la
parola fine al ricorso portato dai familiari di 12 prigionieri polacchi
uccisi, assieme ad altri circa 22mila connazionali, dai militari
sovietici dell’Armata Rossa nel maggio 1940 nei pressi della foresta di
Katyn. La sentenza emessa toglie ogni
speranza ai ricorrenti di vedersi riconoscere lo status di vittime dalle
attuali autorità russe per le decisioni che presero nel 2004 di mettere
fine all’inchiesta sul massacro di Katyn e di secretare tutti i
documenti relativi a questa decisione. I giudici di Strasburgo, da un
lato, hanno dichiarato di «non essere competenti» per giudicare
sull’inchiesta condotta dalle autorità russe sul massacro, essendo
questo avvenuto dieci anni prima che entrasse in vigore la Convenzione
europea dei diritti umani. Dall’altro hanno stabilito che, essendoci la
sicurezza della morte dei prigionieri, i loro familiari non possono
essere considerati vittime di un trattamento inumano e degradante da
parte delle autorità sovietiche, come lo sono coloro che nulla sanno di
cosa è successo a un loro parente scomparso, e su cui possa esserci
incertezza sulla sorte. L’unico punto su cui la Corte si è pronunciata
criticando Mosca, è la mancanza di collaborazione di quest’ultima nel
fornire tutta la documentazione richiesta. I giudici ritengono che
nessuna delle spiegazioni date da Mosca per la mancata consegna alla
Corte di Strasburgo dei documenti inerenti la decisione sulla chiusura
dell’inchiesta sul massacro di Katyn sia valida. Neanche quella che
questi documenti sono coperti dal segreto di Stato. Non si capisce per
quale motivo Mosca avrebbe dovuto fornire documentazione intanto ad una
corte “incompetente”, e poi su fatti che sono stati acclarati sin dal
1990, quando il Cremlino ammise la responsabilità della strage che fino a
quel momento era stata falsamente attribuita ai soliti tedeschi. Per la
verità, fu proprio Radio Berlino a denunciare per prima al mondo
l’ennesima atrocità di Stalin, che fece massacrare militari e civili
polacchi dai suoi soldati. Oggi l’Europa decide di non accettare la
storia, dichiarandosi non competente e preferendo scaricare le
responsabilità su Mosca, che invece la vicenda del massacro comunista
l’ha chiarita da tempo.
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