Sala piena e tanta gente in piedi. Quello sul "Che" era un evento
atteso: curiosità, stupore e confronto hanno animato dal primo
all'ultimo momento un evento che Gabriele Adinolfi ha saputo gestire al
meglio, tracciando un profilo inedito del guerrigliero argentino e
rispondendo con precisione alle domande e alle critiche del pubblico.
Qualcuno si era stupito, perchè non avrebbe mai immaginato che anche a
destra si potesse parlare di quella che, invece, certa sinistra, ha
ridotto ad un'icona pop. Ma qualcuno non sa che, senza alcun complesso
di inferiorità, il nostro mondo è stato il primo a tributare omaggi a
Guevara. Lo fecero gli artisti del Bagaglino con la canzone "Addio Che";
lo fecero i fascisti che parteciparono al primo sessantotto; lo fecero
tanti movimenti in tutta Europa; lo hanno fatto e lo fanno tante figure e
tante realtà che animano questa parte politica. Lo continua a fare chi
riconosce, pur senza dimenticarne la collocazione di fondo,
l'abnegazione e il romanticismo del Che, il suo continentalismo, la sua
capacità di andare a cercar la bella morte...
Una serata di sintesi e di scambio, un momento ricco, di libertà totale e
di superamento di schemi preconcetti, pregiudizi e frasi fatte. Il
senso dell'evento è chiaro: anteporre l'analisi al giudizio e allargare
la mente, rifuggendo ciò che è scontato, banale e configurabile a
priori. Del resto, una tradizione identitaria che sa tributare i giusti
onori a chi lotta, non avrebbe potuto fare altrimenti.
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