tratto da Barbadillo.it
Un uomo di destra è un uomo libero, ben presente al suo senso
di responsabilità: verso se stesso innanzitutto, verso la propria
identità storica e culturale, verso il rispetto delle radici e della
Tradizione. L’uomo di destra è contro il progressismo sinistro,
l’utopismo pacifista ed egualitario, contro l’idea “organica”
dell’individuo nel significato gramsciano del concetto. Questi son punti
fermi. Io mi sento un borghese conservatore anarchico di destra. Non mi
piace l’insensibilità all’idea di Patria, non mi piace chi confonde lo
stato con lo statalismo, non mi piace una società che debba rispondere
solo ad imperativi economici. E’ un discorso di civiltà. E certo oggi
uno di destra, che pensa appunto con la propria testa, è a disagio. C’è
una enorme difficoltà nel ritrovarsi e nell’identificarsi, se
trasportiamo il ragionamento al quadro politico odierno. Non hai nessun
appiglio solido in cui riconoscerti. Siamo disorientati fra le rovine.
Lotti giornalmente per le tue idee, non vuoi barattarle o adattarle ai personaggi.
Apro una parentesi. Ti chiedono di occupartene: se scegli una
parte politica sei tacciato di opportunismo o di servitù. Se non ti
impegni vieni rimproverato per il tuo “superbo letargo”, da “fossile o
disfattista” (rubo le immagini a Veneziani). Immobile sulla tua turris
eburnea. Essendo brutalmente sincero con te stesso, non ti
senti rappresentato da nessuno. Attraversi il bosco col tuo bagaglio e
ti allontani, un po’ rassegnato, un po’ disgustato. Senza spocchia, ma
con profonda amarezza.
Una visione decadente? Dovremmo andare oltre, lo so, ma non si vede chi traccia la strada.
Vorresti salire su una navicella spaziale e restituire al tuo spirito,
al tuo credo, un altro tempo, altri saperi, altri linguaggi. Il
berlusconismo (non parliamo del finismo, per carità) non fa per te. Vedi
Schifani e Bondi, Gasparri e Capezzone e scapperesti sulla luna. Poi ti
volti dall’altra parte e vedi – dopo aver scorto nei salotti buoni gli
infidi galleggiatori, i mediocri, i rinnegati, i “canguri giganti” (come
li chiamava Mussolini) – quelli che per decenni ti hanno sputato
addosso, che ti vorrebbero morto, che hanno cercato di levarti la
dignità, la cittadinanza. Vedi i togliattiani e i trinariciuti con la
bava alla bocca, vedi la guerra civile per impossessarsi dell’Italia, di
quel che ne resta. Vorresti disfarti del presente, dei contemporanei.
La tua passione è scomoda, i tuoi sentimenti demodé. Ti
estranei, senza atteggiarti a profeta disadattato o a pensatore
incompreso. Vorresti essere Longanesi, Guareschi, Prezzolini, Buscaroli,
e potertelo permettere. Vorresti aver fatto le battaglie
feroci di Giorgio Pisanò, e non avere il commissario di partito che ti
dica cosa devi pensare. Come sento pronunciarsi l’intellettuale organico
(categoria vastissima, che va da Fazio a Vecchioni, da Celentano a
Benigni, da Scalfari a Saviano), allineato, il sacerdote delle coscienze
felice della sua faziosità ripagata, mi si rizzano i peli.
Vorresti che nell’epoca hi-tech, dove materialismo,
nichilismo e proliferazione dei desideri fanno da padroni qualcuno si
elevasse da questo conformismo e cercasse di lenire il
travaglio. E ti lasciasse l’illusione che lavori per un destino diverso.
Che le categorie della politica “alta” possano ancora dare un senso a
tutto. Perché “la politica è la fabbricazione della storia”, diceva uno che è meglio non citare.
*Lettera a Barbadillo.it di Andrea Danubi – Castiglione della Pescaia
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