giovedì 24 ottobre 2013

NSA, le mani sugli account...

di Michele Paris


Una nuova serie di documenti riservati dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana (NSA) pubblicati martedì dal Washington Post hanno rivelato un’ulteriore attività dell’ente governativo con sede a Fort Meade, nel Maryland, che conferma l’avanzato stato di degrado dei diritti democratici negli Stati Uniti. La più recente rivelazione apparsa grazie all’ex contractor della stessa NSA, Edward Snowden, riguarda questa volta la raccolta massiccia e indiscriminata delle liste dei contatti e-mail contenuti negli account personali di posta elettronica e in quelli di messaggistica istantanea di utenti in tutto il mondo, Stati Uniti compresi.


Questa operazione non è mai stata resa nota in precedenza e i documenti forniti da Snowden indicano come l’NSA sia in grado di appropriarsi illegalmente di dati riservati intercettandoli nel momento in cui essi “si muovono attraverso collegamenti globali”, ad esempio quando un utente effettua un log-in, compone un messaggio oppure “sincronizza un computer o un telefono cellulare con le informazioni archiviate su server remoti”.


Come accade regolarmente con gli altri programmi di intercettazione di dati telefonici e traffico internet, anche in questo caso l’NSA non procede con la raccolta mirata di informazioni in caso di utenti sospetti, ma entra in possesso delle liste di contatti in maniera indiscriminata.


La quantità dei dati così ottenuti è perciò impressionante. La sezione dell’NSA denominata Special Source Operations in un singolo giorno ha messo le mani su 444.743 indirizzi e-mail provenenti da account Yahoo, 105.068 da Hotmail, 82.857 da Facebook, 33.697 da Gmail e quasi 23 mila da altri provider. Numeri simili indicano come l’NSA entri in possesso mediamente in un anno di oltre 250 milioni di indirizzi di posta elettronica contenuti nelle liste degli utenti di tutto il mondo.


Secondo quanto riportato dal Washington Post, il metodo con cui l’NSA raccoglie questi dati rende superflua qualsiasi notifica alle compagnie informatiche che li ospitano. Portavoce di Google, Microsoft e Facebook si sono infatti affrettati a dichiarare la loro estraneità al più recente programma di intercettazione di dati riservati rivelato da Snowden.


Tuttavia, come spiega ugualmente il quotidiano della capitale americana, la capacità dell’NSA di avere accesso alle liste di contatti “dipende da accordi segreti con compagnie di telecomunicazioni straniere o servizi di intelligence di paesi alleati” degli Stati Uniti.


Teoricamente, l’NSA avrebbe facoltà di raccogliere informazioni solo su cittadini stranieri, ma nella rete dell’agenzia cadono anche in questo caso numerosi contatti conservati nelle liste di utenti americani. Questo genere di dati, d’altra parte, offre preziose informazioni per l’intelligence d’oltreoceano, visto che gli elenchi dei contatti contengono spesso non solo nomi e indirizzi e-mail ma anche numeri di telefono, indirizzi postali e altro ancora.


Assieme ai dati telefonici e a quelli sul comportamento degli utenti su internet, questi ultimi permettono così agli agenti dell’NSA di delineare una mappa esaustiva della vita delle persone intercettate, comprese le loro frequentazioni e le opinioni politiche.


Questo sistema di controllo pervasivo smentisce dunque in maniera clamorosa le ripetute rassicurazioni da parte del governo americano circa le intenzioni dell’NSA, la quale opererebbe in questo modo solo per trovare informazioni legate ad attività terroristiche, mentre non ci sarebbe alcun interesse per le informazioni personali dei cittadini.


Le stesse debolissime regole create appositamente per dare una parvenza di legalità a sistemi da stato di polizia vengono inoltre puntualmente aggirate dall’NSA, dal momento che per ammissione dei vertici dell’intelligence questa agenzia non ha alcuna autorizzazione formale per raccogliere in massa liste di e-mail, così come altri dati informatici o telefonici, di cittadini americani.


L’NSA, tuttavia, ottiene le informazioni in questione da “punti di accesso in tutto il mondo”, da cui transitano appunto anche i dati degli americani, visto che compagnie come Google o Facebook utilizzano impianti situati fisicamente in svariati paesi esteri.


Queste ultime rivelazioni contribuiscono dunque a mostrare la totale assenza di scrupoli democratici del governo americano nelle proprie attività di controllo del dissenso interno e delle minacce agli interessi della propria classe dirigente in ogni angolo del pianeta.


La conoscenza da parte dell’opinione pubblica di simili operazioni non dipende, come è ovvio, dalla trasparenza del governo di Washington, bensì dal coraggio di persone come Snowden, le quali, per le loro azioni che forniscono un servizio di grandissimo valore vengono spesso perseguiti in maniera feroce.


A mettere in luce i metodi punitivi adottati dall’amministrazione Obama contro i propri critici e i cosiddetti “whistleblowers”, cioè coloro che dall’interno del governo rivelano abusi e crimini a cui hanno assistito in prima persona, è stata una recente indagine del Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ), un’organizzazione che promuove la libertà di stampa con sede a New York.


Secondo l’autore del rapporto, il docente di giornalismo presso l’università statale dell’Arizona Leonard Downie, “la guerra lanciata dall’amministrazione Obama contro le fughe di notizie e i suoi sforzi per controllare l’informazione non hanno precedenti per aggressività”.


Dalle testimonianze raccolte dal CPJ sulla questione, appaiono evidenti, tra l’altro, i tentativi di impedire l’accesso da parte dei giornalisti alle fonti interne al governo, le intimidazioni contro le testate e i singoli reporter e il controllo del flusso di informazioni alla stampa a seconda dei propri interessi.


Il quadro che emerge appare più consono ad una dittatura che ad un paese democratico e questo scenario risulta ancora più allarmante alla luce della promessa di assoluta trasparenza fatta nel 2008 in campagna elettorale da Barack Obama dopo l’eccessiva segretezza dell’amministrazione Bush.


Appena installato alla Casa Bianca, infatti, lo stesso Obama si è rapidamente adeguato ai sistemi ormai consolidati dell’apparato della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, adottando addirittura misure ben più severe del suo predecessore, in linea con le crescenti necessità di controllo delle informazioni di un regime sempre più screditato e impopolare.

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