di Massimiliano Mazzanti (Secolo d'Italia)
«Gli uomini – diceva sempre lui, quando era chiamato a omaggiare un
amico passato nella schiera dei più – non si commemorano, si ricordano».
E ricordare Pino Romualdi – vicesegretario del Pfr e fondatore del
Movimento sociale italiano – nel 100° anniversario della nascita, in un
momento d’indubbia difficoltà della Destra politica italiana, può e deve
essere il monito a non abbandonarsi alla rassegnazione. Nato a Dovia di
Predappio il 25 luglio del 1913, Romualdi, come tanti giovani della sua
generazione, ebbe il destino segnato dalla storia, dalla
contemporaneità dei grandi eventi della storia italiana, dal Fascismo,
dalla gigantesca figura di Benito Mussolini.
Una vita, quindi, votata alla costruzione di una Patria rinnovata,
dall’impegno politico e intellettuale intenso, dalla volontaristica
concezione dell’esistenza e dai sacrifici bellici. Incaricato di pensare
il futuro di chi, nella temperie della Repubblica sociale, sarebbe
uscito inevitabilmente sconfitto dalla guerra, Romualdi compì il suo
primo capolavoro politico strappando a Palmiro Togliatti l’amnistia per i
fascisti in galera, prima; poi, riunendo queste provate
forze sopravvissute al conflitto in un partito destinato a svolgere
ancora un ruolo nella lotta politica, il Msi. Arrestato nel 1948 e
detenuto fino al 1951, rientrò a pieno ritmo nell’agone, instradando le
migliori e più giovani energie del Movimento lungo la strada che, tra
mille difficoltà e ritrosie anche tra i camerati e gli amici, avrebbe
dovuto trasformare il Msi in un moderno partito di destra, schierato
saldamente nel fronte internazionale anticomunista e in perenne
competizione con la Democrazia cristiana per la rappresentanza
degli interessi e delle aspirazioni delle classi produttrici della
borghesia e del lavoro italiani. Punto di riferimento per tutti, anche
per lo stesso Giorgio Almirante, nei momenti di crisi – a partire da
quella gravissima determinata dalla scissione di Democrazia nazionale –
impose alla Fiamma di non scivolare mai nel nostalgismo, nel facile e
sicuro rifugio delle rimembranze; per Romualdi la strada maestra era e
doveva restare sempre l’accettazione delle sfide della contemporaneità,
la capacità di vivere pienamente il proprio tempo. Alla guida del primo
Eurogruppo a Strasburgo – con lo stesso Almirante e gli indimenticabili
Franco Petronio e Nino Buttafuoco – dette, quindi, al Msi-Dn un respiro
internazionale, conquistando al partito un rispetto che andava oltre gli
stessi confini nazionali. Legato ad Almirante nella vita e nella
lotta politica, in un rapporto fatto anche di aspre contrapposizioni,
morirono anche insieme, a 24 ore di distanza l’uno dall’altro, tra il 21
e il 22 maggio 1988. Dunque, Romualdi non vide la nascita di Alleanza
nazionale, ma fu principalmente a lui, al suo pensiero, alla sue grandi
intuizioni che la generazione successiva si ispirò per costruire la
nuova casa della Destra. Un’ispirazione che andrebbe nuovamente nutrita e
coltivata.
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