di Marcello Veneziani (IL Giornale)
Nessun altro autore ha saputo riflettere così profondamente sulla
condizione umana. E nessun pensatore che seguì, da Schopenhauer a
Nietzsche, superò il suo punto di arrivo...
Come sarà accolto Leopardi in versione anglo-americana? È sbarcato in
doppia edizione, britannica e statunitense, con la traduzione del suo
ciclopico Zibaldone. Arriva in America dall'estrema, profondissima
Europa come un Corpo Estraneo, un relitto mediterraneo naufragato
nell'Atlantico, un alieno del pensiero tragico che sbarca senza permesso
di soggiorno nelle terre del pragmatismo e dell'ottimismo.
Nessun autore ha saputo guardare in faccia la verità della vita e del
mondo come Leopardi. Ci sono più grandi filosofi, grandi scienziati e
forse poeti più grandi, ma nessuno ha svelato la condizione umana con la
sua implacabile e acutissima lucidità, senza concedere ripari. La sua
opera è la più alta rivelazione della condizione umana; oltre c'è solo
la Rivelazione divina. Il pensiero che s'inoltrò sulla sua strada e
affrontò i suoi temi - Schopenhauer, Nietzsche, l'esistenzialismo - non
superò il suo punto d'arrivo, se non mediante il salto nella fede. La
sua visione della vita e del mondo esclude che anche il dolore, come la
gioia, possa essere un pregiudizio soggettivo che altera la sostanza
pura della vita, il suo gioco cosmico al di là del bene e del male; a
noi tocca solo scommettere che sia solo caso nel caos o destino che si
collega a un ordine. Leopardi si ferma alla disperazione che precede la
scommessa e degrada la scommessa a illusione. E tuttavia Leopardi è il
poeta e il pensatore più religioso della modernità. Religioso non vuol
dire credente né devoto. La sua è una visione radicale e universale
sulla vita in rapporto alla morte e al dolore. Leopardi resta religioso
anche nella disperazione: il desiderio ardente di morire che accompagnò
sempre la sua breve vita non lo indusse al suicidio.
Corteggiò la morte per anni, la invocò tante volte, ma non si lasciò mai
conquistare dall'idea di togliersi la vita. Perché, spiegò nel Dialogo
di Plotino e di Porfirio, suicidandosi «tutto l'ordine delle cose saria
sovvertito». La certezza che tutto sia connesso in un ordito, è
l'essenza propria della religio e l'idea che infrangere quell'ordine sia
il supremo sacrilegio è quanto di più religioso si possa pensare. Che
poi dietro la Trama del cosmo, dietro l'ordine di tutte le cose, ci sia
un Autore o un'Intelligenza e che dopo la morte vi sia la resurrezione,
questo riguarda la fede, non il pensiero di Leopardi. In lui lo scacco
della Fede non segna il trionfo della Ragione, perché il naufragio
riguarda ambedue: da qui il suo pensiero tragico, divergente dai Lumi e
da ogni storicismo, progressismo o razionalismo. E da qui la sua
ultrafilosofia, che al sistema filosofico preferisce il canto, la
poesia, lo zibaldone di pensieri sparsi. Perché è rivolta alla vita e al
mondo, non alla pura teoria. Oltre che religioso, il pensiero di
Leopardi ha una relazione intensa con l'amor patrio. Sono tante le
pagine leopardiane contro il paese natio, contro l'Italia e gli italiani
cinici e ridenti, privi di costumi; tutto il pensiero leopardiano e la
linea che poi ne discese condannò la retorica patriottarda e le sue
pompose finzioni. Ma è come se volesse rendere l'amor patrio più vero ed
essenziale, antiretorico, privo di fanfare, raccolto nella gloria dei
«nostri padri antichi» e nel rimpianto di tanta altezza caduta «in così
basso loco». Risuona l'amore per l'Italia nei suoi versi e affiora una
concezione eroica della vita, che si esprime nel culto dei vinti.
Anche il Leopardi in fuga dalla casa paterna, dalla famiglia e dai suoi
precetti, dedica poesie, lettere e pagine di un amore intenso e raro al
suo Carissimo Signor Padre che poi diventa Mio Caro Papà, a sua sorella
Paolina, a suo fratello Carlo. Un amore tenerissimo verso la famiglia,
non privo di asprezze e rigetti, ma autentico. La famiglia resta l'alveo
affettivo leopardiano, la sua solitudine non può essere concepita se
non in rapporto alla sua famiglia. Al di sopra dell'amore per la
famiglia, per la patria e per la religio, non c'è che l'amore disperato
per la verità. Se deve scegliere tra Dio e il Vero, tra la Famiglia e il
Vero, tra l'Italia e il Vero, Leopardi sceglie senza indugi il Vero.
Sul piano storico Leopardi colse l'importanza dei pregiudizi e delle
illusioni, detestò la politica giacché gli individui «sono infelici
sotto ogni forma di governo». Sul piano etico Leopardi lodò la nobiltà
dell'inutile, la gloria delle imprese vane. Sul piano estetico riconobbe
commosso il primato della bellezza ma sul piano umano contraddisse
l'ideale classico del bello e buono, notando che la bellezza
insuperbisce chi la possiede mentre la bruttezza incammina verso la
virtù. Il pensiero negativo di Leopardi ha un approdo finale: è
l'Oriente, inteso come il luogo simbolico in cui si dissipa ogni
illusione legata all'individuo per rifluire e disciogliersi nel grembo
assoluto della Natura. Oblio immoto del mondo «e già mi par che sciolte/
giaccian le membra mie, né spirto o senso/ più le commuova, e lor
quiete antica/ co' silenzi del loco si confonda» (La vita solitaria). La
tragedia del vivere per Leopardi risiede nell'individualità che separa
dal tutto; viceversa la salvezza, o almeno la pace, è rientrarvi
sciogliendosi nel tutto, estinguere la vita individuale nell'oceano
dell'essere. «E il naufragar m'è dolce in questo mare»... Prima di
poetare sulla vita e sulla morte, Leopardi adolescente le affrontò sul
piano della filosofia; prima d'illuminarsi di luna e d'infinito, studiò
gli astri e il cosmo.
Versi che sembrano sgorgati da stati d'animo provengono da lontano, da
studi precoci e pensieri sofferti. Stringe il cuore leggere i tanti
passi in cui Leopardi confessa il suo disagio di essere al mondo e di
sentirsi rifiutato. Ma se non fosse stato gobbo, brutto, respinto da
Silvia e irriso dalla gente, se avesse avuto una vita e un corpo come
gli altri, avrebbe mai raggiunto quelle altezze e quelle profondità? Su
quali sentieri lo avrebbe dirottato la vita? Non dobbiamo, con la morte
nel cuore, benedire crudelmente l'amore negato, il corpo deforme, per i
doni sublimi che provocarono? Del resto lui stesso era consapevole del
nesso tra bruttezza e grandezza e si dispose a barattare la vita con la
gloria: «Voglio essere infelice piuttosto che piccolo e soffrire
piuttosto che annoiarmi». «Il ritratto è bruttissimo: nondimeno fatelo
girare costì, acciocché i Recanatesi vedano cogli occhi del corpo (che
sono i soli che hanno) che il gobbo de Leopardi è contato per qualche
cosa nel mondo». Ma pure alla gioia Leopardi aspirò invano: «Ho bisogno
d'amore, amore, amore, fuoco, entusiasmo, vita; il mondo non mi par
fatto per me». Inadeguato al mondo, senza di consolanti vie di scampo,
Leopardi mise a nudo la verità della vita. Benché solitario, resta il
più fraterno tra i poeti e pensatori. Nei secoli fratello. E ora Brother
James.
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