di Andrea Chinappi (L'Intellettuale Dissidente)
Tranche de vie,
Capolavoro, Toglie il fiato, Cinema di vita: così da qualche settimana
viene idolatrato il presuntuoso baluardo del nuovo cinema francese,
quello della realtà, della gioventù, come ci dice il regista tunisino
Abdellatif Kechiche. Si, perché di realismo si tratta in effetti nel
film vincitore dell’ambita Palma d’Oro “ La vita di Adele” ma è un
realismo utile, ipocrita, borghese, per i più esigenti radical-chic
d’Europa. La storia di due ragazze, una lesbo-militante intellettuale e
matura dai capelli blu, e l’altra che si scopre lesbo ma non militante,
più giovane della compagna e più ingenua,. Cinquanta anni fa vinceva lo
stesso premio un’ altra pellicola presuntuosa, nel senso felice del
termine, talmente presuntuosa da far parte di una stagione tra le più
importanti del cinema europeo: 1963, “ Il Gattopardo”, Luchino Visconti,
Neorealismo Italiano. Kechiche non apre e non chiude nulla, non si
domanda cosa fa e per chi lo fa: è un democratico, certo, perché a tutti
ci è concesso di vedere le belle chiome delle bellissime attrici
infilarsi tra le gambe l’una dell’altra. E poi tutti giù in strada a
gridare contro un sistema che non fa dipingere i capelli di blu, che non
ci permettere di spogliarci nei bar, che non regala sogni ma divieti.
La politica di Kechiche è un liberalismo sfrenato che si contraddice,
che si annienta nei luoghi comuni e in un’estetica e in un intreccio
pedanti: paffuta, golosa e infantile una, intellettuale, artista,
lesbica l’altra. Borghese e conformista Adele,
radical-liberal-intellettualoide Emma. Affamata di pasta e cioccolato la
prima, cita Sartre e frequenta Les Beaux Arts la seconda.Una cucina e
l’altra dipinge. Ottuso e pregiudicante il contesto della castana, dove
gli insulti e le paure di essere stati violati dall’amica strana
dilagano tra le amiche etero, variopinto fino alla banalità ( l’amico
attore che sogna l’America, le accese discussioni su Klimt e Schiele,
locali gay e ritratti) il contesto della blu.
La telecamera è
fissa sulla dolce bocca di Adele, che si sporca, che mastica, che si
appoggia su labbra e su cose, ma che non parla. L’inquadratura è
asfissiante, indaga il personaggio, lo rende reale, fa dimenticare di
trovarsi nella sala di un cinema. Bisognerebbe ringraziare Kechiche per
averci provocato questa illusione, ma bisognerebbe anche ricordargli che
il cinema è poesia, arte, che è finzione che fa immaginare e sperare.
Il tema è l’amore, non ci sono dubbi; l’obiettivo è dimostrare che
l’amore lesbico non ha niente di meno dell’amore eterosessuale, anzi
forse è anche meno banale. E bravo allora Kechiche, per questa etica
rivoluzionaria e in qualche modo cruda. Ma dov’è questo amore? Non si
parla di amore. Le due ragazze parlano con gesti disinibiti, si
confrontano con occhiate maliziose, cercano il loro amore nei corpi
dell’altra e lo giustificano con sogni erotici. L’estetica del film è
ingiustificabile: le uniche scene girate non in primo piano sono le
scarne sequenze in cui il regista tunisino ci spiega come due ragazze
lesbiche fanno sesso, che sanno anche avere orgasmi come noi, banali
eterosessuali, perfettamente simmetriche e compatibili, capacissime e
fiere. Il messaggio è: modernismo e libertà! Liberi di amare chi si
voglia, ma che abbia i capelli blu e che facciate un bel po’ di sesso.
La durata del film si aggira sulle tre ore, poco meno di un Titanic e
più de “ Il Gladiatore”, la musica è completamente assente e le
interminabili scene animalesche e assolutamente pornografiche ( il film è
vietato solo ai minori di 12 anni!) in cui le giovani donne si amano
rendono voyeur anche lo spettatore più innocente, danno fastidio anche a
quello più abituato. Femministe di tutto il mondo dove siete ora? Non
eravate contro la mercificazione della donna? Eccolo lì il corpo giovane
delle due ragazze venduto come arte aggiudicarsi il premio per il
miglior azzardo e a omaggio di una legge che non a caso fu varata un
mese prima dell’uscita del film.
Insieme al
recentissimo “ Giovane e Bella” del regista François Ozon, il film del
franco-tunisino Abedellatif Kechiche rappresenta la nuova frontiera del
cinema francese, fatto di gioventù svogliata, interessata ma non
interessante, di corpo ( assolutamente nudo), di sesso per soldi o per
amore, e di quella sfumatura dubbiosa, enigmatica, irrisolta che chiude e
purtroppo legittima il senso di entrambe le opere.
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