di Gloria Sabatini
Un signore,
elegante fino all’ultimo, gli occhi azzurri rimpiccioliti dalle rughe
portate con disinvoltura, l’immancabile gilet a righe “di famiglia”. A
92 anni è morto questa mattina Ottavio Missoni, nella sua casa in
provincia di Varese. Dalla prima maglieria a status simbol della moda
italiana, come lo definì la stampa americana negli anni ’70.
All’apice
dell’influenza internazionale di Missoni il Chicago Tribune parlò di
«maglia sensazionale in Italia. Colori che sono una rivelazione di
bellezza naturale». Scompare l’ultimo patriarca di una grande
generazione di stilisti, la cui maison ancora oggi è in grado di dettare
e tendenze del fashion internazionale. Nato nel 1921 a Ragusa, Ottavio è
cresciuto a Zara fino a sette. «La città non esiste più, non c’è più
nulla», ricorda nella sua ultima intervista, distrutta per l’80 per
cento dai bombardamenti, resta solo nel suo cuore di esule, nel ricordo
dei concittadini infoibati per ordine del maresciallo Tito.
Partecipò alla
battaglia di El Alamein, dopo quattro anni vissuti in un campo di
prigionia americano in Egitto, nel 1946 torna in Italia, a Trieste, dove
si iscrive al Liceo Oberdan. Una vita fatta di sfide, di dolori e di
successo, anche se lui, schivo, non usa mai la parola sfida, «ho fatto
soltanto scelte di vita». Dai 16 ai 32 anni è stato più volte campione
di atletica, nei 400 metri piani e a ostacoli: ha vestito 23 volte la
maglia azzurra, ha conquistato 8 titoli italiani, l’oro ai mondiali
studenteschi nel 1939. Quando riprese le competizioni, arrivò sesto alle
Olimpiadi del 1948 e quarto agli europei del 1950.
Fu ai giochi
olimpici che conobbe sua moglie Rosita, con la quale lavorò gomito a
gomito costruendo lo stabilimento e la casa di Sumirago, dove ancora
adesso la famiglia vive e lavora, perché i Missoni si considerano
artigiani (lei pensava ai modelli, lui ai tessuti). La Dalmazia, i suoi
colori, i suoi sapori rivivono nelle sfumature e nei tocchi delle sue
creazioni («certo se fossi in Finlandia, avrei creato un’altra moda).
Dell’esodo giuliano-dalmata, un tabù per decenni e solo negli ultimi
anni entrato ufficialmente nei testi di storia, ha sempre parlato come
di «un’ autentica pulizia etnica».
Fu combattente
nella Seconda guerra mondiale e venne nominato Commendatore della
Repubblica nel 1986. A guidare l’azienda oggi restano i figli Angela e
Luca perché Vittorio non c’è più. È scomparso dallo scorso gennaio
durante un viaggio ai Caraibi al largo delle isole venezuelane di Los
Roques su una rotta maledetta. La vita ha “riservato” a Ottaviano anche
lo strazio contro natura di sopravvivere al figlio.
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