di Giovanni Marinetti (Barbadillo.it)
Nell’Italia dei misteri irrisolti, quello
dell’agenda rossa di Borsellino è destinato a rimanere tale. Rimarrà un
mistero anche se ne dovessero trovare una identica: il dubbio che possa
essere stata manomessa o che possa essere un falso rimarrebbe. Un po’
come per i diari di Mussolini, ogni tanto qualcuno dice di possedere
nuovi scritti del Duce, nuovi documenti, e il rischio patacca è sempre
dietro l’angolo. Rimaniamo ai fatti: i familiari di Paolo Borsellino
e persone a lui vicine testimoniano che il giudice, nel periodo che
precedette la sua morte, portava con sé un’agenda rossa, oltre a una
seconda agenda marrone dove annotava gli appuntamenti, ritrovata dopo la
sua morte. L’agenda marrone con gli appuntamenti c’è, quella rossa è
sparita. Questo è un altro fatto e da qui parte il mistero. Un mistero
che potrebbe legare il destino tragico del giudice con il suo contenuto.
Borsellino cosa annotava in quell’agenda? Su questo
si possono fare, purtroppo, solo supposizioni, legate a quei tragici 56
giorni che separarono la strage di Capaci con quella di via D’Amelio.
Il giudice sapeva di essere in pericolo di vita, tanto da rilasciare al
Mattino di Napoli, il 27 giugno del 1992 un’intervista dal
titolo: “Sono nel mirino come Falcone”. Che nell’agenda rossa ci possano
essere elementi importanti per capire se davvero ci fu e come si
sviluppò una trattativa tra lo Stato e la mafia, non è fantasia né una
probabilità remota. La novità nasce da un video nuovo pubblicato da Repubblica:
tra le immagini raccolte dopo la strage di via D’Amelio ce n’è una in
cui si vede un quadernetto rosso per terra. È l’agenda rossa cercata per
anni? Difficile poter rispondere.
Per anni chi ha cercato di capire dove potesse
essere finita si è destreggiata su teorie – e processi – che ruotavano
attorno alla borsa di Borsellino, prelevata dall’auto blindata saltata
in area e poi riposta nel sedile. Ovviamente, l’agenda non è stata
trovata. L’idea che qualcuno abbia potuto sottrarla – o che l’abbia
anche solo cercata – non è campata in aria: trattativa Stato-mafia o no,
che il contenuto di un’agenda con appunti riservati di Borsellino
potesse diventare di pubblico dominio avrà fatto venire i sudori freddi a
più di una persona. Dell’esistenza dell’agenda rossa
non sapevano solo i familiari. E questo è un altro fatto. Facendo la
cronologia di quei 56 giorni, che Borsellino abbia capito o scoperto
qualcosa di molto grosso è banalmente ovvio. Ogni elemento che possa
ricostruire quei giorni – e cambiare la storia del nostro paese a
partire da quel 1992 – è un diritto dei cittadini italiani.
Tornando al video di Repubblica: Manfredi
Borsellino, figlio di Paolo, non esclude possa essere l’agenda del
padre, ma vista la scarsa qualità dei fotogrammi non può averne la
certezza; per il pm Lari di Palermo è improbabile possa essere l’agenda
di Borsellino, ma verranno fatte le verifiche del caso. Gian Marco Chiocci scrive sul Giornale
che quel fotogramma smonta il mistero degli ultimi vent’anni: quella
era l’agenda rossa ed è, oramai, finita tra l’immondizia. Liquidarla in
altro modo è per Chiocci azzardato. Per il Fatto Quotidiano, lo scoop di Repubblica nasconde invece una verità più inquietante: quella non è l’agenda di Borsellino, e – sempre sul Fatto
– il fratello Salvatore dice: «Mi chiedo perché quest’immagine venga
fuori proprio ora: potrebbe essere un tentativo per allontanare
l’attenzione dalle indagini sulla borsa. La storia dei depistaggi
su via D’Amelio ci dice che il rischio d’inquinamento è sempre molto
alto». È veramente l’agenda rossa, quella del video? Forse no. Rimane il
fatto che la verità sulle stragi di Capaci e via D’Amelio sono ancora
incomplete. Scoprire che fine abbia fatto l’agenda potrebbe essere
utile, oltre ogni complottiamo, oltre ogni frettolosa minimizzazione.
Nessun commento:
Posta un commento