venerdì 24 maggio 2013

L'anteprima de "Al confine del nero"...


Oggi mi sento - e mi propongo - tanto simile ad attori e cantanti quando, intervistati alla radio in televisione sui giornali, parlano della loro ultima produzione come la migliore in assoluto. Non dirò che il libro in uscita a fine giugno sia l’ultimo perché non è l’ultimo e neppure il penultimo. Vi confesso, però, che questa seconda raccolta di racconti darà buon esito perché nata da buon seme. E la copertina… dai, sono grande!
 
Oggi vi racconto come nasce. Con Marco e Simone, giovani professionisti con l’estro per la grafica e la fotografia, percorriamo la via Tiburtina. Abbiamo bevuto una birra in attesa che si faccia ‘l’ora che volge al desio’ in cerca di uno di quei locali, squallida imitazione di quelli di Las Vegas, tutto luci colorate ed intermittenti. L’idea originaria è che io passi davanti ad uno di essi quale contrasto tra un vecchio (io!?) in declino e la fauna emergente di una subcultura del secondo millennio. Idea, a cui oppongo debole resistenza (forse per vanità segretamente offesa con tutti i miti della gioventù che vanno in frantumi…), perché conservo la convinzione, dal tempo della militanza, che è l’agire il metro di valutazione per la nascita di ruoli e gerarchie.
Percorriamo, dunque, la via Tiburtina e, poco dopo il carcere di Rebibbia, ci colpisce, novelli Siddharta sotto il ficus pippal, una costruzione a più piani, cattedrale laica nel deserto della modernità mai completata o in vana ristrutturazione. Un muretto una rete un cancello un cartello di divieto di transito risvegliano il mai sopito spirito libertario e l’irriverenza fascista, un connubio ormai familiare anche ai lettori di Ereticamente, a cui non so resistere. Fermiamo la macchina, scendiamo.
Apro una parentesi e, da istrione consumato, faccio un rapido resoconto su quanto ho in cantiere in modo che, a voi lettori e amici, l’arduo compito di prepararvi a nuove avventure letterarie inseguendo il fantasioso creativo e magico, va da sé dato il cognome (sapete che ‘merlino’ in lingua francone è lo smeriglio, il più piccolo falco esistente in Europa?), sottoscritto.
 
(Dopo l’estate dovrebbe uscire una antologia di quarantasei articoli di Robert Brasillach, apparsi sulle riviste della collaborazione, con un ampio saggio mio e di Rodolfo. Una pubblicazione che riempie, pur se in modo parziale – egli ne scrive uno a settimana o quasi dal 1941 all’estate del ’44 e questo significava almeno due volumi -, una mancanza intorno allo scrittore francese. Non solo egli è il poeta il narratore il cantore della giovinezza e dell’amicizia e della gioia di vivere, dunque, ma si mostra qui polemista aspro acuto e sprezzante, in qualche caso anche velenoso, che sembra volersi tagliare tutti i ponti alle spalle per correre incontro al suo tragico destino, verso quel palo eretto al forte di Montrouge dove, il 6 febbraio del ’45, l’attendono dodici bocche di fuoco avide del suo sangue, che fu infamia per chi volle versarlo).
(A quattro mani, forse a quattro zampe diranno i polemisti di professione che si annidano ovunque e di tutto hanno da sputare sentenza, mi sono imbarcato nell’avventura di scrivere un romanzo con l’amico Roberto su due giovani che vanno ad arruolarsi a La Spezia, dopo l’8 settembre 1943, nel battaglione Lupo della X MAS. Ognuno di noi s’è assunto il compito di svolgere un capitolo in alternanza in modo tale da costruire, con i colori del proprio linguaggio e la personale sensibilità, un percorso unitario e, al contempo, diverso. Sarete informati di come procede, al momento si va, e dell’eventuale sua pubblicazione per il prossimo anno).
 
Dunque, si tratta di scavalcare procedere fra mattoni e pietre e materiale abbandonato, in precario equilibrio, ma riuscirci nonostante l’ignobile mia pancia le articolazioni che sembrano cedere la vista appannata e incerta… che soddisfazione per il linguaggio del corpo! Quel corpo, che ci chiama ci richiama pretende soffre grida la sua libidine si esprime in ogni attimo e, sovente, noi altezzosi arroganti presuntuosi metafisici intellettuali non gli diamo ascolto lo trascuriamo lo schifiamo tutti compresi a costruire sogni illusioni inganni a rendere banali opinioni in grandiose ed immortali idee a stabilire gerarchie giudizi valori chi i buoni chi i cattivi dove cacciare i reprobi ergere piedistalli e tutta la paccottiglia da rigattieri della mente. E, non contenti, ci perseguitiamo tramite il senso di colpa e l’angoscia ansie egoismi onanismo…
Infine la fotografia-copertina. Guardare la devastazione. Colui che osserva la decadenza non necessita essere egli stesso decadente. Nietzsche aveva riconosciuto l’avvento del nichilismo e, al contempo, si considerava come colui che, per primo, era andato oltre. E quel raggio di sole al tramonto che promette la resurrezione del giorno a venire nell’alba sicura. Speranza e fierezza…

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