Oggi mi sento - e mi propongo - tanto simile ad attori e cantanti
quando, intervistati alla radio in televisione sui giornali, parlano
della loro ultima produzione come la migliore in assoluto. Non dirò che
il libro in uscita a fine giugno sia l’ultimo perché non è l’ultimo e
neppure il penultimo. Vi confesso, però, che questa seconda raccolta di
racconti darà buon esito perché nata da buon seme. E la copertina… dai,
sono grande!
Oggi vi racconto come nasce. Con Marco e Simone, giovani professionisti
con l’estro per la grafica e la fotografia, percorriamo la via
Tiburtina. Abbiamo bevuto una birra in attesa che si faccia ‘l’ora che
volge al desio’ in cerca di uno di quei locali, squallida imitazione di
quelli di Las Vegas, tutto luci colorate ed intermittenti. L’idea
originaria è che io passi davanti ad uno di essi quale contrasto tra un
vecchio (io!?) in declino e la fauna emergente di una subcultura del
secondo millennio. Idea, a cui oppongo debole resistenza (forse per
vanità segretamente offesa con tutti i miti della gioventù che vanno in
frantumi…), perché conservo la convinzione, dal tempo della militanza,
che è l’agire il metro di valutazione per la nascita di ruoli e
gerarchie.
Percorriamo, dunque, la via Tiburtina e, poco dopo il carcere di
Rebibbia, ci colpisce, novelli Siddharta sotto il ficus pippal, una
costruzione a più piani, cattedrale laica nel deserto della modernità
mai completata o in vana ristrutturazione. Un muretto una rete un
cancello un cartello di divieto di transito risvegliano il mai sopito
spirito libertario e l’irriverenza fascista, un connubio ormai familiare
anche ai lettori di Ereticamente, a cui non so resistere. Fermiamo la
macchina, scendiamo.
Apro una parentesi e, da istrione consumato, faccio un rapido resoconto
su quanto ho in cantiere in modo che, a voi lettori e amici, l’arduo
compito di prepararvi a nuove avventure letterarie inseguendo il
fantasioso creativo e magico, va da sé dato il cognome (sapete che
‘merlino’ in lingua francone è lo smeriglio, il più piccolo falco
esistente in Europa?), sottoscritto.
(Dopo l’estate dovrebbe uscire una antologia di quarantasei articoli di
Robert Brasillach, apparsi sulle riviste della collaborazione, con un
ampio saggio mio e di Rodolfo. Una pubblicazione che riempie, pur se in
modo parziale – egli ne scrive uno a settimana o quasi dal 1941
all’estate del ’44 e questo significava almeno due volumi -, una
mancanza intorno allo scrittore francese. Non solo egli è il poeta il
narratore il cantore della giovinezza e dell’amicizia e della gioia di
vivere, dunque, ma si mostra qui polemista aspro acuto e sprezzante, in
qualche caso anche velenoso, che sembra volersi tagliare tutti i ponti
alle spalle per correre incontro al suo tragico destino, verso quel palo
eretto al forte di Montrouge dove, il 6 febbraio del ’45, l’attendono
dodici bocche di fuoco avide del suo sangue, che fu infamia per chi
volle versarlo).
(A quattro mani, forse a quattro zampe diranno i polemisti di
professione che si annidano ovunque e di tutto hanno da sputare
sentenza, mi sono imbarcato nell’avventura di scrivere un romanzo con
l’amico Roberto su due giovani che vanno ad arruolarsi a La Spezia, dopo
l’8 settembre 1943, nel battaglione Lupo della X MAS. Ognuno di noi s’è
assunto il compito di svolgere un capitolo in alternanza in modo tale
da costruire, con i colori del proprio linguaggio e la personale
sensibilità, un percorso unitario e, al contempo, diverso. Sarete
informati di come procede, al momento si va, e dell’eventuale sua
pubblicazione per il prossimo anno).
Dunque, si tratta di scavalcare procedere fra mattoni e pietre e
materiale abbandonato, in precario equilibrio, ma riuscirci nonostante
l’ignobile mia pancia le articolazioni che sembrano cedere la vista
appannata e incerta… che soddisfazione per il linguaggio del corpo! Quel
corpo, che ci chiama ci richiama pretende soffre grida la sua libidine
si esprime in ogni attimo e, sovente, noi altezzosi arroganti
presuntuosi metafisici intellettuali non gli diamo ascolto lo
trascuriamo lo schifiamo tutti compresi a costruire sogni illusioni
inganni a rendere banali opinioni in grandiose ed immortali idee a
stabilire gerarchie giudizi valori chi i buoni chi i cattivi dove
cacciare i reprobi ergere piedistalli e tutta la paccottiglia da
rigattieri della mente. E, non contenti, ci perseguitiamo tramite il
senso di colpa e l’angoscia ansie egoismi onanismo…
Infine la fotografia-copertina. Guardare la devastazione. Colui che
osserva la decadenza non necessita essere egli stesso decadente.
Nietzsche aveva riconosciuto l’avvento del nichilismo e, al contempo, si
considerava come colui che, per primo, era andato oltre. E quel raggio
di sole al tramonto che promette la resurrezione del giorno a venire
nell’alba sicura. Speranza e fierezza…
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