Tutto questo
agitarsi delle nuove generazioni attorno al problema economico che si
vive in Italia è lecito, in quanto tutti hanno diritto ad un futuro, ed
in un paese che ha scelto il capitalismo come caposaldo del proprio
essere, la stabilità economica privata è quanto mai indispensabile. Ma
tutto questo pubblicizzare fughe all'estero che si legge e si percepisce
ovunque rattrista e lascia l'amaro in bocca.
La nostra Nazione
attraversa probabilmente il momento più critico della sua storia dal
dopoguerra ad oggi, stretta com'è tra le speculazioni dell'alta finanza
ed una comunità internazionale che non ha mai visto di buon occhio la
sua indipendenza politico economica: basti pensare al trattamento
riservato all'Italia dagli "Alleati" inglesi e francesi in conseguenza
della Vittoria nella Prima Guerra Mondiale quando, nonostante il grande
sforzo bellico sostenuto dal nostro popolo gli oltre 650.000 morti, non
furono rispettati gli accordi prebellici che ci garantivano l'annessione
delle terre italiane dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia, o alle
ridicole sanzioni imposte negli anni '30 dagli stessi oligarchi europei
per presunti crimini contro il popolo abissino durante la guerra
coloniale di quegli anni (il fatto che due Nazioni storicamente legate
alle guerre coloniali e agli stermini di massa come Francia e Gran
Bretagna insistessero per sanzionare l'Italia indignò addirittura
l'opinione pubblica statunitense), per arrivare alla pagliacciata della
guerra alla Libia di Gheddafi dei giorni nostri - paese con cui
l'Italia, per ovvi motivi storici dati dallo status libico di ex colonia
italiana, godeva di sconti sostanziosi sulle forniture di svariate
materie prime tra cui petrolio e gas - e ci renderemo conto di quanto,
da sempre, siamo invisi per motivi occulti a questi paesi che tengono
per le redini l'intero occidente e sono causa di questa fantomatica
crisi che attanaglia la vita del Belpaese.
E davanti a questo
disastro economico ci si aspetterebbe uno spirito combattivo da parte
dei giovani, una costruttiva protesta che obblighi chi di dovere a
garantire ciò che ci spetta: ed invece assistiamo sempre di più a
patetici teatrini che divulgano l'idea che abbandonare la nave mentre il
mare è in tempesta, andare all'estero alla ricerca del posto fisso e
dello stipendiuccio garantito sia la soluzione al problema. Questi sono i
danni causati da 70 anni di capitalismo sfrenato, dalle varie mode e
dai vari oppi dei popoli che hanno partorito greggi sempre più vuote il
cui unico fine è l'istintivo, quasi animalesco, bisogno di quella
stabilità economica che diventa legge, ideale e religione.
Ma non è vero che i
marinai si vedono col mare in tempesta? E allora chi sono questi
cervelli in fuga dalla propria Terra, dalle proprie origini, dalle
proprie tradizioni? Sono essi davvero modelli da seguire ed un
fallimento il vederli partire? Questa Terra non credo abbia troppo
bisogno di loro: essi rappresentano un fallimento sì, ma un fallimento
degli ideali più puri di Nazione e di Popolo. Questa Patria, che insegnò
la civiltà al mondo intero coi Romani, che fu culla di rinascita dal
buio medievale sotto l'alta guida di quella Firenze che universalmente
rappresenta il bello ed il genio, che lottò per essere unita e respinse
lo straniero invasore nelle gloriose giornate sul Piave, che fu
invidiata terra di avanguardie socio culturali col Fascismo e poi rasa
al suolo si ricostruì mattone su mattone, oggi ha bisogno di figli più
elevati, di figli che vadano orgogliosi di questa storia e compiano un
sacrificio per salvare la nave dalle acque in tempesta, che la
sostengano e la proteggano dai venti speculativi internazionalisti e
dalla nuova guerra, quella economica.
La nave non si abbandona, ed in questo momento più che mai i cervelli dimostrino di essere tali qui e non altrove.
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