di Massimo Fini
In concomitanza col Festival dell'Economia di Trento si svolge a
Rovereto un Alterfestival, un controfestival, organizzato da alcune
associazioni, per lo più di giovani, cui partecipano alcuni
intellettuali, diciamo cosi', 'eterodossi' e al quale sono stato
invitato.
Cerchero' qui di anticipare, in estrema sintesi, cio' che diro' stasera.
Il modello di sviluppo che ormai solo per convenzione chiamiamo
occidentale perchè è nato in Inghilterra con la Rivoluzione industriale a
metà del XVIII secolo, ma ha coinvolto da tempo la Russia e più
recentemente la Cina, l'India e altri Paesi cosidetti 'emergenti', si
basa sull'impossibile: le crescite esponenziali che esistono in
matematica ma non in natura. Ogni cosa umana ha un limite. Noi, dal
punto di vista economico, ma non solo, lo stiamo raggiungendo. Siamo
come una potentissima macchina che, partita appunto a metà del
Settecento, ha percorso a velocità sempre crescente due secoli e mezzo, e
ora si trova di fronte a un muro. Andare ancora avanti non è più
possibile. Ma non si rassegna e continua a dare di gas finchè, prima o
poi, fonderà. Fuor di metafora: non si puo' più crescere. Ma le leads
mondiali, di destra e di sinistra, per ignoranza o malafede, continuano a
parlare di crescita illudendo le loro popolazioni. Certo, per un po'
potranno ancora continuare in questo gioco illusionistico immettendo nel
sistema enormi quantità di liquido che, proprio per la sua entità, non
corrisponde a nulla se non a una scommessa su un futuro cosi'
sideralmente lontano da essere inesistente, drogando ulteriormente il
cavallo già dopato sperando che faccia ancora qualche passo avanti fino
al fatale e inevitabile collasso per overdose. Il che significherebbe il
crollo, sanguinoso, del nostro mondo.
Si puo' evitare questa apocalisse? Si', se gli uomini fossero delle
creature intelligenti. Si tratterebbe di avere il coraggio di fare
qualche passo indietro, di ritornare, in modo graduale, ragionato e
limitato, a forme di autoproduzione e autoconsumo, che passano per un
recupero della terra (la Madre Terra che ci dà il cibo, l'unica cosa
veramente indispensabile insieme a una abitazione e, ma non sempre, al
vestire) e per il ridimensionamento dell'apparato industriale,
finanziario e ora anche di quel mondo virtuale che ci sta inghiottendo
tutti (se c'è una rapina un po' movimentata, come quella avvenuta nei
giorni scorsi a Milano nella centralissima via Spiga, chi vi ha
assistito dice «sembrava di essere in un film», non è più la fiction che
imita la realtà, ma la realtà che imita la fiction).
Abbiamo puntato tutto sull'Economia, emarginando tutte le altre e
complesse esigenze dell'essere umano, e l'economia, questa economia, sta
clamorosamente fallendo. Abbiamo puntato tutto sulla sua sorella
gemella, la Tecnologia, senza capire che la tecnologia, come mi disse
Paolo Rossi, filosofo della Scienza, «se risolve un problema ne apre
dieci altri ancora più complessi». Ed economia e tecnologia ci hanno
svuotato di alcuni elementi e valori essenziali dell'umano: dignità,
onestà, onore, lealtà, fraternità, coraggio, istinti e, insomma, la
vitalità. Nella rapina di Milano, mentre i passanti si accuciavano come
cani sotto le auto, terrorizzati, l'unico a reagire, rischiando la
pelle, è stato il proprietario del negozio. Ma era armeno. Siamo
diventati, ad imitazione degli americani, una società svirilizzata,
femminea senza essere femminile. Diro' la verità fino in fondo: quando
leggo di qualche delitto passionale (di un uomo o di una donna) mi
riconforto. Perchè vuol dire che in giro c'è ancora della vita. E non
solo economia, tecnologia e la morte dell'anima.
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