Quando si parla di colonizzazione si pensa spesso all’epoca dell’imperialismo, in cui le grandi potenze europee si spartivano il mondo. Oggi si sente molto parlare delle colonie israeliane in Cisgiordania, ma difficilmente chi non c’è mai stato può immaginarle. Una colonia può infatti avere aspetti molto diversi. Certe colonie sono vere e proprie città, con negozi, scuole e ospedali. Altre assomigliano a piccoli villaggi di 20 o 30 casette all’americana, con il garage e il praticello davanti. Altre ancora consistono in 3 roulotte fissate a terra con una gettata di cemento fatta fortunosamente. Ci sono infatti colonie legali (legali nel senso che i costruttori hanno un permesso dello Stato israeliano per edificare, nonostante ad Oslo le autorità israeliane si fossero impegnate ad abbandonare questa pratica) e colonie illegali.
Una colonia illegale è generalmente
impiantata nottetempo da un piccolo gruppo di giovani ebrei
ultraortodossi che portano in cima ad una collina qualche roulotte e la
piantano a terra. Ovviamente all’alba il contadino arabo che possiede la
terra vuole cacciarli, ma questi chiamano l’esercito. Una pattuglia
arriva e, secondo voi, chi difende? La famiglia di contadini arabi che
possiedono la terra dai tempi degli Ottomani, o i giovani zelanti ebrei?
Sappiamo tutti che il primo dovere di uno Stato è proteggere i suoi
cittadini, ed Israele lo sa anche meglio di noi. Quindi la nuova colonia
viene generalmente messa sotto sorveglianza per evitare altri attacchi.
A questo punto sorge spontaneo chiedersi: ma questi coloni perché non
vengono cacciati subito, visto che non avevano alcun permesso per
costruire? La risposta è semplice. Perché in Israele è vietato
sgomberare i cittadini dalle loro abitazioni: in Israele anche chi, per
esempio, non paga l’affitto non può essere cacciato di casa. Così la
piccola colonia resta, viene regolarizzata, cresce e così come un fungo
su quella collina nasce quella che poi diventerà una vera e propria
città.
In Cisgiordania di fronte ad ogni paesino c’è una colonia. Di fronte a quello che era il mio, Abu Dis, c’è Maale Adumim,
una città di 35.000 abitanti, con uno splendido centro commerciale e 4
piscine olimpioniche. Il tutto su terreni appartenenti, dal tempo degli
Ottomani, a famiglie arabe. Gli Ebrei in Cisgiordania sono in tutto
mezzo milione. Immaginare una pace fondata sulla soluzione bi-statale
(due popoli, due stati), sembra molto difficile in questo contesto. I
coloni non se ne andranno. Tutto questo è valido anche per Gerusalemme
est. In città vecchia, tra i vicoli del quartiere musulmano facilmente
si vedono porte blindate sorvegliate da qualcuno. Anche quelle sono
colonie, cioè case di cui il legittimo proprietario arabo è stato
cacciato e occupate da qualcuno che è cittadino israeliano e che quindi
gode della protezione della legge. Ma perché fanno questo? Con quale
coraggio giovani Ebrei vanno a vivere, insieme alle loro famiglie, in un
ambiente a loro ostile? Fanno questo per realizzare l’ideale sionista,
allo scopo di ebraizzare Gerusalemme est e tutta la Cisgiordania, in
un’ottica puramente colonialista. Oggi tutte le democrazie occidentali
riflettono sul proprio passato coloniale, e sui libri di storia il
colonialismo è studiato come un’epoca di razzismo e barbarie. Lo stato
di Israele è fondato su questi principi. Ma è una storia vecchia di 65
anni, non è questo il punto. Il punto è che la colonizzazione continua
ancora oggi.
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